Roma, «Nessuna truffa», assolti i 56 rom "finti poveri": il Campidoglio non chiese mai i loro redditi

Roma, «Nessuna truffa», assolti i 56 rom "finti poveri": il Campidoglio non chiese mai i loro redditi
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Sabato 5 Novembre 2016, 08:25 - Ultimo aggiornamento: 6 Novembre, 13:00

IL CASO
Hanno già riavuto il gruzzolo in banca, ora possono vantare anche l'assoluzione. Sono stati tutti prosciolti, infatti, i 56 rom che, secondo l'accusa iniziale, si sarebbero finti poveri per truffare il Comune e nascondere i beni intestati. L'accusa della truffa al Campidoglio è caduta alle prime battute dell'inchiesta, ieri pure quella della intestazione fittizia dei beni. E' stata accolta con un applauso da parte degli imputati la sentenza d'assoluzione con formula piena («perché il fatto non sussiste») letta dal presidente della I sezione penale del tribunale di Roma.
Come lo stesso pm d'aula Marcello Monteleone ha ammesso, chiedendo l'assoluzione per tutti gli imputati, dietro quei conti correnti molto consistenti sequestrati inizialmente non c'era nessuno strano affare. Molto più semplicemente, i 56 imputati erano effettivamente proprietari di tesoretti tra i 20mila e i 375mila euro, con punte di un milione di euro e per un totale di 5 milioni, che, in un primo momento, non erano riusciti a giustificare davanti ai magistrati. Tutte le cifre sono state restituite.
Era stato il gip Luciano Imperiali a disporre lo scorso anno il rinvio a giudizio con l'accusa di intestazione fittizia per intere famiglie rom sgomberate dalla Barbuta Salone e Cesare Lombroso e trasferiti nei campi attrezzati finanziati dal Campidoglio. All'inizio dell'inchiesta (eseguita dal Corpo di polizia Roma Capitale) erano finiti iscritti nel registro degli indagati in 59 e con un'accusa precisa: quella di essersi finti poveri per raggirare il Comune e spuntare gratis l'assegnazione di container. L'ipotesi accusatoria si è presto scontrata con la realtà dei fatti: gli indagati (uno dei quali è morto e un altro è riuscito a provare che sul conto aveva il risarcimento di oltre mezzo milione di euro per la morte di un figlio) non avevano truffato il Comune con carte false per farsi assegnare i moduli abitativi. Al contrario era stato il Campidoglio a non chiedere mai conto dei loro beni trasferendoli di imperio nei campi attrezzati.
LA DIFESA
L'accusa di falso e truffa è crollata durante l'udienza preliminare e infatti lo stesso gip aveva disposto il contestuale proscioglimento. Il pm Carlo La Speranza, titolare dell'inchiesta, in realtà aveva chiesto per tutti anche il proscioglimento dal reato di intestazione fittizia, in fase di udienza preliminare, tranne che per una decina di pregiudicati coi conti più sostanziosi (fino a un milione di euro) provento, secondo l'accusa, di affari illeciti. Gli altri, invece, avevano sostenuto di avere partita Iva, di lavorare regolarmente, uno come autista di Atac. I difensori, tra cui l'avvocato Dario Piccioni e Antonio Lazzara, ritenevano scontato l'esito: «I conti erano regolari. Ed era già emerso».
Adelaide Pierucci
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