L'indagine, avviata nel 2009 dal citato Nucleo operativo ecologico e coordinata dalla procura distrettuale romana, ha permesso di accertare come gli indagati, a vario titolo dal 2008 al 2014, avessero gestito illegalmente ingenti quantitativi di rifiuti speciali.
In particolare, l'attività investigativa ha consentito di documentare come 7.500 tonnellate, costituite da fanghi da depurazione prodotti dall'impianto, fossero stati declassati da pericolosi a non pericolosi mediante falsi certificati di analisi, così da assicurarsi ingenti profitti illeciti derivanti dal minor costo di smaltimento. È emerso inoltre che ad ulteriori 9.600 tonnellate di scarti, derivanti da grassi prodotti da mense industriali e trattati dalla società, è stato attribuito un diverso codice del Catalogo europeo dei Rifiuti, tale da figurare tra quelli elencati nell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata alla stessa azienda.
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