Arpa Lazio avverte che nell'aria c'è un alto livello di microinquinanti nocivi per la salute, come la diossina: è l'effetto del rogo. Ma c'è uno snodo chiave che nessuno, nelle istituzioni, ha il coraggio di rivelare: per trovare soluzioni rapide, che significa rifiuti in altre regioni o all'estero, serve che qualcuno dichiari ufficialmente l'emergenza. Ad oggi nessuno lo ha fatto. Serve un atto firmato dalla sindaca o dal prefetto che dica: Roma è in emergenza rifiuti. Per ora la Raggi si è limitata a chiedere un aiuto economico al governo che si è detto disponibile a trasferire fondi extra. E ha lanciato un appello al Viminale perché sorvegli gli impianti di Rocca Cencia e di Ostia. Senza un decreto sull'emergenza, si lavora con gli strumenti ordinari. In Prefettura però escludono il ricorso a questo strumento. E anche Roma Capitale non va in questa direzione. Anzi, in Campidoglio si gioca su due campi. Il primo è quello dell'immediato. Con la Regione c'è l'accordo ad attivare il tritovagliatore di Ama posizionato nel territorio del Municipio X (Ostia), per il quale però si sono già sentite le prime proteste. È arrivata anche la disponibilità ad accogliere quantitativi che oscillano tra 100 e 150 tonnellate da Viterbo, Colfelice (Frosinone) e Aprilia (Latina). Anche qui i territori sono sul piede di guerra e alcuni sindaci saranno alla conferenza stampa organizzata da Forza Italia in Regione. Giovanni Arena, sindaco di Viterbo, parla di «comportamento scorretto» nei confronti della sua città» e chiede un «compensazione economica per la Tuscia».
TAPPO
In Ama hanno le mani nei capelli: in forma temporanea si possono anche trovare sbocchi, ma serve un'area di trasferenza dove portare i rifiuti raccolti, caricarli sui camion e farli partire verso i vari impianti fuori Roma. Bene, il centro di trasferenza era nello stabilimento di via Salaria bruciato e non si sa come sostituirlo. L'alternativa dell'impianto gemello di Rocca Cencia (sud-est di Roma) è già in overbooking. E anche qui, benché sia un territorio con una solida maggioranza a 5 Stelle, ci sono segnali di forte contrarietà. Katia Ziantoni, assessore all'Ambiente del VI Municipio, grillina: «Rocca Cencia ha già dato».
Il secondo campo è quello delle soluzioni a medio termine, perché quelle elencate sopra sono palliativi. Tenendo conto che il Tmb di via Salaria non riaprirà e che la differenziata sta aumentando molto lentamente, Ama deve cercare impianti in forma più stabile. E si guarda oltre i confini del Lazio. Ama sta preparando una indagine di mercato per trovare società disponibili a prendere l'indifferenziato di Roma. Già una gara da 188 milioni di euro per due anni è andata deserta e questo non è rassicurante. Non solo: anche Napoli, poiché ad Acerra si fermerà una linea dell'inceneritore, cerca spazio nei termovalorizzatori del Nord, e dunque i prezzi vanno alle stelle. Gli esperti prevedono che Roma dovrà pagare molto più di 140-150 euro a tonnellata chiesti normalmente per smaltire i rifiuti. Almeno 220-230 euro a tonnellata saranno necessari per fare partire i tir con l'indifferenziato verso i grandi impianti dell'Emilia-Romagna, del Veneto, della Lombardia. Ma attenzione: servirà una gara e un accordo tra le regioni. E servirà pagare - conto complessivo ovviamente approssimativo - circa 20 milioni di euro in più all'anno. Un'intesa è già in corso, ma è in scadenza, con l'Abruzzo (poco meno di 200 euro a tonnellate) e ieri Ama ha chiesto alla Regione di prorogarlo anche nel 2019 per altre 70 mila tonnellate complessive. Mario Mazzocca, responsabile dell'Ambiente della giunta regionale abruzzese replica: «Sono quattro anni che aiutiamo il sistema di gestione dei rifiuti di Roma che, nel corso del tempo, non è migliorato, ma, anzi, è peggiorato». C'è l'alternativa dei treni verso Austria o Germania, come Ama ha già fatto in passato, ma il mercato è saturo, perché anche il Regno Unito sta esportando rifiuti e dunque sarà tutt'altro che semplice fare partire i treni. Morale: per velocizzare le procedure serve che qualcuno dichiari l'emergenza.
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