Rapisce un neonato davanti alla madre, nomade arrestata a Ponte Mammolo

La panchina della metro su cui si era fermata la madre
di Laura Bogliolo
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 13 Novembre 2013, 07:57 - Ultimo aggiornamento: 19:17

Chiss cosa si prova a essere strappati violentemente dallo sguardo della propria madre , a perdersi nel vuoto di un abbraccio di una sconosciuta che ti prende per una gamba, ti solleva, ti scuote stringendoti con violenza e corre verso l’ignoto di un’altra vita. Chissà quale traccia, profonda e dolorosa, rimarrà nella memoria di Marco (il nome è di fantasia), un neonato di 8 mesi che lunedì è riuscito a fuggire a un sequestro da parte di una nomade nel cuore delle viscere rumorose della metropolitana di Roma.

Stazione della linea B di Ponte Mammolo, estrema periferia della capitale: c’è una mamma che sta cullando il suo bambino. È appena scesa da un vagone della metropolitana, deve correre al capolinea dei pullman Cotral. Deve tornare a casa, in famiglia, affrontare un lungo viaggio verso Vicovaro. Lo ha già fatto tante volte, conosce a memoria quella stazione frequentata ogni giorno da migliaia di pendolari. Sa bene che troverà una panchina nella sala d’attesa dove può riposarsi, dove può cullare Marco prima di mettersi in viaggio. La mamma premurosa decide di cambiare il neonato. Ha una borsa con tutto l’occorrente, lo ha già fatto altre volte. Stende una copertina sulla panchina, intanto fuori piove e fa freddo. Deve sbrigarsi e inizia a cambiare amorevolmente Marco che sorride alla mamma, incrociando il suo sguardo si sente al sicuro.

LA VIOLENZA

All’improvviso un’ombra sovrasta il volto della mamma, un braccio afferra Marco per una gambetta, lo trascinava via velocemente dalla panchina, lo solleva e poi la corsa verso l’uscita. Mamma grida, chiede aiuto, Marco è ormai in braccio a una donna, una nomade di 25 anni, bulgara, che in pochi secondi è riuscita a portare via il neonato e si sta dirigendo verso l’uscita. In mezzo a tanti volti e sguardi, ci sono anche quelli di due ragazzine di 16 anni. Sono del vicino e difficile quartiere di San Basilio, trascorrono i pomeriggi in stazione insieme alla comitiva, vivendo quei cunicoli desolati animati da una pizzeria come un piccolo centro commerciale dove svagarsi. Le ragazzine assistono al sequestro, non ci pensano un secondo e corrono all’inseguimento della nomade. Riescono a bloccarla, a riprendere il bimbo e urlano, chiedono aiuto.

L’ARRESTO

Le guardie giurate dell’Italpol che stazionano nel box informazioni dell’Atac si precipitano verso le ragazzine e bloccano la nomade. «La mattina l’avevamo vista infastidire una signora con un passeggino e le avevamo chiesto di allontanarsi - raccontano gli agenti - poi abbiamo sentito le grida, siamo corsi e abbiamo subito bloccato la nomade». Gli addetti dell’Atac hanno prestato i primi soccorsi alla mamma, hanno cercato di tranquillizzarla: spaventata, sotto choc, la donna, italiana, trentenne, ha avuto bisogno delle cure del 118. «Aveva la pressione altissima, stava per svenire» raccontano i testimoni. «Marco, Marco» ha continuato a gridare stringendo tra le braccia il bimbo. Gli agenti hanno chiamato i carabinieri che hanno raccolto le testimonianze, la denuncia della mamma e portato la nomade nella stazione Tiburtino III. È stata arrestata con l’accusa di tentato sequestro di persona e portata nel carcere di Rebibbia. La nomade risiede in un campo nomadi a Striano, in provincia di Napoli. Girovagava da tempo nella stazione di Ponte Mammolo e nessuno avrebbe mai immaginato cosa volesse fare. Voleva portare via Marco in pieno giorno. Voleva che Marco finisse nella lunga lista di bimbi scomparsi e mai più ritrovati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA