Rapina a Prati, un testimone: «Hanno aspettato che riaprisse e lo hanno aggredito»

Rapina a Prati, un testimone: «Hanno aspettato che riaprisse e lo hanno aggredito»
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Mercoledì 15 Luglio 2015, 19:24 - Ultimo aggiornamento: 20:51
«Ho visto due uomini che lo spingevano dentro il negozio». Inizia così il racconto agli investigatori il testimione della drammatica rapina costata la vita a Giancarlo Nocchia, il gioielliere ucciso nel suo negoziop di via dei Gracchi 155.

«Erano circa le 17 - continua il testimone - I banditi evidentemente hanno aspettato che il gioielliere riaprisse il negozio dopo la pausa pranzo. Non appena ha tirato su la serranda lo hanno aggredito da dietro e spintonato all'interno».



Quello che è accaduto una volta dentro ora lo stanno ricostruendo i militari del nucleo investigativo di via in Selci. L'unica certezza, al momento, è che dentro il locale hanno trovato tutto a soqquadro. E il corpo del titolare era steso supino, privo di vita, con evidenti segni di violenza sulla testa. Probabilmente colpito più volte con un corpo contundente, forse una pistola, che ora gli investigatori stanno cercando anche nei cassonetti presenti lungo via dei Gracchi.



«Una rapina finita male. Una botta in testa ed è morto sul colpo», racconta invece il cognato della vittima, «Ci ha avvertito il figlio, è successo tra le quattro e le cinque. Lui aveva riaperto la gioielleria alle quattro e in quel momento stava da solo. Una brutta rapina, mio cognato non aveva problemi con nessuno. Una brutta rapina, figlia di questa crisi, davanti a cui le forze politiche non riescono a far niente. Dovrebbero inasprire le pene perché è impossibile morire così, è impensabile, è assurdo».



Paolo, uno dei fratelli del gioielliere ucciso, ricorda che «Giancarlo era molto attento, diffidente, mi meraviglia che abbia aperto a qualcuno. In passato aveva subito altre rapine: tre negli ultimi anni».



«L'ho visto l'ultima volta sabato - aggiunge Paolo, arrivato sul posto insieme ad altri parenti - sono sconvolto, non riesco a capire come sia possibile che l'abbiano ucciso così».
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