Racket dei tavolini, c'è un superteste: un ristoratore racconta la gestione dei clan

Racket dei tavolini, c'è un superteste: un ristoratore racconta la gestione dei clan
di Elena Panarella
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Mercoledì 10 Settembre 2014, 05:44 - Ultimo aggiornamento: 17:44

L'inchiesta sulle presunte infiltrazioni mafiose che avrebbero inquinato il commercio nel centro storico di Roma, adesso accelera.

I vigili di Roma Capitale possono fare affidamento sui racconti di prima mano di un supertestimone che proviene da quell'ambiente. Che in passato era dall'altra parte della barricata e gestiva uno dei tanti ristoranti che invadevano marciapiedi e vicoli con i loro tavolini abusivi. Adesso quell'uomo ha deciso di raccontare i meccanismi illegali che stanno dietro ad alcune attività: «Qualche mela marcia rovina un intero cesto e questo non lo reputo giusto per nessuno. Ecco perché basterebbe epurare alcuni personaggi per ottenere un quieto vivere». «Si tratta di mele marce che hanno il controllo di decine di locali tra Campo de' Fiori e piazza Navona - si sfoga - entrano in società con ristoratori onesti e poi piano piano li scalzano. Non pagano i fornitori, né tanto meno gli affitti dei locali e spesso nemmeno i dipendenti e così in un anno fanno il botto con i soldi e poi arriva puntuale il cambio di società con nuovi prestanomi. E il giro ricomincia. I commercianti onesti, che non sono pochi, hanno paura di parlare. Questa è malavita vera, e le minacce non sono mica velate». Ma ora gli atti di compravendita, le società mordi e fuggi, i locali che passano di mano vorticosamente dicono cosa si muove dietro la apparente tranquillità di una città da cartolina e dietro una finzione che nasconde una ricchezza facile.

IL FENOMENO

E così se per anni l'allarme ha riguardato soprattutto le attività di riciclaggio da parte delle cosche calabresi, che arrivavano (e arrivano) ad accaparrarsi i locali più in vista del centro storico, nell'ultimo anno le indagini della Procura di Roma e degli investigatori hanno evidenziato almeno due fenomeni: prima di tutto che ad investire su bar e ristoranti ci sono anche 'ndrangheta, mafia e camorra, spesso in combutta con organizzazioni locali.

Ed è sempre più chiaro il fatto che la criminalità organizzata entra in aziende sane, immettendo capitali illeciti che diventano a tutti gli effetti investimenti per quote. Le norme comunali più restrittive in tema di occupazione di suolo pubblico e di violazione - da parte di bar e ristoranti - degli spazi assegnati «hanno acceso la miccia». E messo sul chi va là personaggi sospettati di avere le mani in pasta nel giro del riciclaggio. Sono in corso, infatti, accertamenti su cessioni d'azienda e cambi di ragione sociale avvenuti uno o due giorni prima del blitz dei vigili urbani.

IL RICICLAGGIO

Le organizzazioni criminali acquisiscono, a prezzi fuori mercato, esercizi commerciali (e non solo nel centro storico) nei quali impiegano ingenti risorse economiche provenienti da attività illecite. In questo modo si procurano fonti di reddito importanti e apparentemente regolari. Una criminalità organizzata che non ama fare rumore, per non attirare troppo l'attenzione. «Anche se gioco forza - continua il testimone - nelle ultime settimane dopo i provvedimenti della polizia municipale è stato toccato qualche nervo scoperto». Il senatore del Pd Raffaele Ranucci, ha presentato un'interrogazione al ministro dell'Interno, Angelino Alfano: «Ho informato il governo degli ultimi fatti accaduti dopo i controlli nei locali del centro e chiedo se non intenda intervenire per supportare il Comune e la polizia Municipale nel ripristino del decoro».