Pomezia, rogo alla Eco X: «La società non aveva impianto antincendio»

I carabinieri del Noe durante i rilievi all'ingresso dell'azienda di stoccaggio Eco X
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Mercoledì 24 Maggio 2017, 11:00 - Ultimo aggiornamento: 15:46

Lo stabilimento Eco X di Pomezia, vicino a Roma, bruciato il 5 maggio scorso, non aveva impianto antincendio né sistema idrico per spegnere incendi, né muri di compartimentazione, «il che ha permesso una propagazione dell'incendio in un'area di due ettari» e costretto i vigili del fuoco a prendere l'acqua a due chilometri dal sito. Lo ha detto il procuratore capo di Velletri Francesco Prete in Commissione Ecomafie, riferendo sulle prime fasi dell'inchiesta sulla società Ecoservizi per l'Ambiente, proprietaria dell'impianto. «Inoltre il sistema di accatastamento dei rifiuti non era conforme ad autorizzazione - ha aggiunto Prete -. Come si vede dalle foto su Google c'erano masse di rifiuti enormi non solo dentro, ma anche fuori. Un accumulo scriteriato di materiale combustibile che ha facilitato la combustione». La società era autorizzata a stoccare fino a 3200 tonnellate nello stabilimento, ma secondo il Noe carabinieri al 31 marzo scorso risultavano 8413 tonnellate, «con un aumento esponenziale del rischio di propagazione di un incendio», ha detto il procuratore di Velletri. 
L'INCHIESTA
Sul rogo la procura di Velletri indaga tra l'altro per incendio colposo, «ma non è ancora esclusa la matrice dolosa e l'inchiesta procede in modo serrato», ha aggiunto il procuratore Prete. «L'origine dell'incendio è stata accertata come esterna al capannone - ha detto Prete - in una zona non coperta da telecamere e non interessata dal passaggio di fili elettrici. L'innesco c'è stato su uno dei cumuli di rifiuti, ma la prospettiva degli accertamenti dei vigili del fuoco non è positiva perchè è andato tutto distrutto, anche il fattore d'innesco».

ANALISI
Questa mattina il direttore generale di Arpa Lazio, Marco Lupo, ascoltato dalla commissione parlamentare ecomafie, ha riferito in merito ai rilievi sulla qualità dell'aria nel comune pontino. P
er quanto riguarda le «Pm10 nelle immediate vicinanze dell'aea dell'incendio abbiamo rilevato un valore superiore al limite di 50 micro grammi per metro cubo nella giornata del 5 maggio (il giorno dopo il rogo), valore che si è ridotto nel giorno successivo e ha toccato il picco di 373 microgrammi per metrocubo alla domenica successiva. I valori dei primi giorni, venerdì e sabato, sono superiori al limite giornaliero ma uguali a valori che registriamo in una giornata critica invernale a Roma o nella Valle del Sacco a Frosinone». Per quanto riguarda il campione raccolto «a Pomezia tra il 10 e il 18 maggio - ha aggiunto - non abbiamo mai rilevato superamenti del limite giornaliero, tranne il 12 maggio, ma si tratta di un incremento legato alle polveri sahariane e che è stato registrato in tutta la Regione» mentre in riferimento alle «centraline di Aprilia, Latina, Cinecittà e Ciampino i valori non hanno registrato anomalie. Questo ci fa dire che il fenomeno è stato circoscritto a 100-200 metri dall'incendio», ha concluso Lupo. E l'amianto? «Per quanto riguarda l'amianto abbiamo collaborato a stretto contatto con le Asl e in particolare con la Roma 6.

L'amianto è competenza del centro regionale Amianto della Asl di Viterbo che ha rilevato presenza amianto nell'impianto ma non la dispersione di filamentI nell'aria». 

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