Ostia, una vittima dei clan: «Sono nel baratro per essermi ribellato»

Ostia, una vittima dei clan: «Sono nel baratro per essermi ribellato»
di Alessia Marani
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Mercoledì 29 Novembre 2017, 07:55 - Ultimo aggiornamento: 08:00

Non c'è il pizzo, non c'è la richiesta di soldi per ottenere protezione. Ma è l'ingresso silenzioso con quote in società apparentemente pulite a stritolare le vittime dei clan di Ostia. Come accaduto a Valerio (nome di fantasia), oggi 38 anni e ne aveva 25 quando un cugino della madre gli offrì l'affare della vita: acquistare il 20% di una società ben avviata, un'autorimessa nel cuore di Ostia. «Oggi sono rovinato e vivo nel terrore - dice - ho perso 130mila euro, risparmi di famiglia, mi sono visto puntare revolver alla testa e alle gambe; una notte ho sentito un pugno al portone di casa e mi sono ritrovato un foglio con su scritto Infame ce la pagherai. Tutto perché ho osato denunciare». Valerio con le sue testimonianze spedisce dritto in galera un finto avvocato al soldo della mala che invece di tirarlo fuori dai guai, voleva affondarlo: «L'ho fatto arrestare nel giugno del 2010, all'appuntamento per consegnargli 5000 euro insieme con me sono arrivati i poliziotti di San Basilio». Ma Elvisio C., condannato per estorsione e truffa a 6 anni, è ancora latitante. Valerio presenta in Procura pagine di memorie contenenti le minacce e le intimidazioni subite dal 2010 al 2012.


«Avevo acquistato le quote nel 2005, da pagare in più tranche. Fino al 2008 - dice - ho ricevuto lo stipendio e poi il ricavato dalle quote, ma quando ho finito di saldare i 130mila euro, niente più soldi, solo uno stipendiuccio. Di lì il calvario». Valerio osserva i traffici nel garage: «Auto che non posso toccare; altre con targa straniera che vanno e vengono fino ad incontri di vecchi narcotrafficanti poi morti ammazzati con i sudamericani». Non solo. «Ho visto entrare gente con i metal detector prima di quegli incontri, per vedere se dentro c'erano cimici o altro». Valerio comincia a insospettirsi e scopre anche che la società ha un buco di 850mila euro. Dove finivano quei soldi? Chiede conto, si ribella. «Anche in questa circostanza - si legge in una delle denunce - il cugino amministratore e uno dei soci gli impongono il silenzio ricordandogli i loro rapporti di affari e amicizia con la famiglia Fasciani e alcuni personaggi di Casal di Principe». «Quel cugino una volta mi disse sono stato a casa di don Carmine, nella sua villa, c'erano i guardaspalle», dice.

IL BARATRO
Per Valerio e un altro socio che decide di denunciare si spalanca il baratro economico. Ed è in questo contesto che si fa avanti Elvisio C.. Dopo il suo arresto due uomini in moto dall'accento napoletano e romano si parano davanti all'imprenditore, puntano basso: «Mi dicono se non ritiri la denuncia ti spezziamo le gambe». Il 24 settembre del 2010 Valerio e l'altro socio denunciano che mentre erano in auto sul Ponte della Scafa, vengono affiancati da due uomini su uno scooter, «puntano la pistola contro il finestrino, mirano al volto e si dileguano». Il 17 novembre l'avvertimento sulla porta di casa, poi cinque giorni dopo uno strano furto di documentazione nel garage. Nel frattempo Valerio viene licenziato perché la moglie dell'amministratore lo denuncia per presunte molestie («ho vinto la causa di lavoro e ho pure ricevuto 30mila euro di risarcimento»). Scrive l'avvocato di Valerio in una delle memorie: «Il 19 marzo 2011 Valerio riferisce agli agenti di San Basilio elementi che evidenziano la vicinanza dell'amministratore e di un socio alla famiglia Fasciani» tanto da pensare che la reale proprietà dell'azienda possa essere in mano alla consorteria criminale. Con le cattive o con le buone, si cerca di fare desistere Valerio dalla denuncia. «Mi invitano a cena al Faber Village, mi offrono sesso e droga gratuita. Succede nel marzo 2010 quando lo stabilimento è già sequestrato al clan. Sono spregiudicati». Valerio tenta di aprire un'altra attività. «Ma lascio perdere perché un giorno mentre ero a vedere i locali, ricevo la visita del cugino che mi suggerisce di fare l'assicurazione non si sa mai.. un incendio. Il 13 novembre, proprio mentre Ostia è sotto i riflettori per la testata «con metodo mafioso» di Roberto Spada a un giornalista di Nemo arriva come una doccia gelata l'archiviazione delle denunce di Valerio da parte del gip: molti fatti sono prescritti e, si legge, che «non risulta che la carica persuasiva della minaccia dipendesse da modalità operative caratteristiche di associazioni di tipo mafioso». Per i pm quella vicinanza ai clan potrebbe essere millanteria. Decisione che Valerio impugnerà. «Ma che dovevano fare di più? Ammazzarmi?».
 

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