Odevaine si arrende e patteggia: condanna a 2 anni e otto mesi

Odevaine si arrende e patteggia: condanna a 2 anni e otto mesi
di Valentina Errante
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Martedì 13 Settembre 2016, 09:19 - Ultimo aggiornamento: 14 Settembre, 00:04
Alla fine ha gettato la spugna, Luca Odevaine. Inchiodato dalle accuse e senza possibilità di trovare un appiglio per giustificare le mazzette e i veleni che hanno caratterizzato la sua carriera di infiltrato della criminalità comune nelle stanze dello governo, ha cercato un accordo con la Procura. Ha patteggiato una pena di due anni e otto mesi di reclusione, oltre alla restituzione di 250mila euro che, più o meno, sono le mazzette accertate in questa tranche del processo su Mafia Capitale, per i soli appalti a La Cascina nel Cara di Mineo. Per lo stesso episodio il 7 gennaio scorso avevano patteggiato sempre 2 anni e 8 mesi i dirigenti de La Cascina Francesco Ferrara, Domenico Cammisa, Salvatore Menolascina e Carmelo Parabita. E in sospeso restano altri 151mila euro di tangenti, dei quali Odevaine deve rispondere nel maxiprocesso, insieme a Massimo Carminati e al re delle coop Salvatore Buzzi.

LE ACCUSE
Le nuove accuse sono state formalizzate lo scorso luglio, quando la procura ha concluso le indagini sull'affidamento dei servizi e delle forniture per il Cara di Mineo. Odevaine era il presidente della commissione, stesso ruolo che ricopriva nella gara per l'affidamento e la gestione del centro di accoglienza per i richiedenti asilo. La Cascina avrebbe ottenuto le commesse promettendo 10mila euro al mese «aumentati a 20 mila dopo l'aggiudicazione», proprio a lui, che avrebbe dovuto garantire il buon esito delle attività assistenziali del Viminale. E invece, l'uomo che aveva cominciato la sua carriera in Campidoglio al grido di «Roma è nostra» - almeno secondo i pm Prestipino, Ielo, Cascini e Tescaroli - avrebbe predisposto bandi e gare di favore, concordando i contenuti con gli interessati, favorendone l'aggiudicazione e «vendendo la sua funzione». Per la procura è risultato in grado di ritagliarsi «aree di influenza crescenti». Era una gestione a uso e consumo personale dell'emergenza: Odevaine, dal Viminale, garantiva «consistenti benefici economici» al cartello di imprese interessate alla gestione dei centri di accoglienza e disposte a pagare. Gli appalti erano assicurati alle coop che facevano capo a Carminati, a La Cascina e ad alcune associazioni di area cattolica, mentre i concorrenti erano tagliati fuori.

LE INTERCETTAZIONI
«Ti metto duecento persone a Roma, duecento a Messina, 50 là e poi quantifichiamo», diceva Odevaine al telefono agli imprenditori de La Cascina, dai quali avrebbe preteso 20 mila euro al mese in cambio dell'assegnazione dei migranti. Mentre a Buzzi, l'ex capo di gabinetto di Veltroni dava istruzioni su come lucrare al massimo nella Capitale: «A Roma ci siamo accordati di fare una verifica perchè sullo Spra ebasso, per cui quasi non c'e utile. Sugli altri c'epiu utile; poi bisogna vedere dove si paga l'affitto e per cui riesce a esserci l'utile al 21%». In base a questi conteggi, Odevaine calcolava i guadagni: «Allora diciamo una cifra che va dagli 0,80 a 1 euro e mezzo: io a loro gli ho detto che questi me davano 1 euro e mezzo e La Cascina, che va da 80 a 1 euro e mezzo: calcoliamo un po' di media e quindi diciamo che alla fine saranno 15-20.000 euro tranquilli».

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