IL CLAN
Romano Halilovic ha vissuto qui per anni, insieme alla moglie e agli 11 figli. Nell'ala sinistra del villaggio, ovviamente, quella dei bosniaci. In mezzo a questi container di alluminio e ferro, vive ancora il fratello, Davide, uno dei boss dell'insediamento, e Devlia, la nonna delle tre sorelle uccise nel rogo di Centocelle. Quando parli dell'incendio, sono i serbi a indicarti la strada per raggiungere i famigliari di Romano. «Dall'altra parte del muretto, a sinistra», spiega una ragazza, una delle poche a voler parlare con chi non è di queste parti. «Ma Romano non abita più qui», avverte subito. Se n'è andato da tempo. Due volte ha lasciato «Salviati». La prima si è rifugiato in un campo poco distante, in via Gordiani. La seconda, a febbraio, si è spostato dietro al centro commerciale di via Ugo Guattari. È tornato solo dopo la tragedia. E chissà se le sue, di ferite, riusciranno ora a rabberciare quel solco che divide da anni il villaggio sulla Collatina. Da quando? Da sempre, praticamente.
«NIENTE A CHE SPARTIRE»
È una faida che travalica i confini di Tor Sapienza. Per dire: c'è un muro che separa i serbi dai bosniaci anche dall'altra parte di Roma, alla Muratella, quadrante Sud-Ovest, non distante da via della Magliana. È il campo di via Candoni. «La verità è che il Comune in passato ha pensato di mettere insieme persone che per cultura, lingua e affinità non hanno nulla a che spartire», spiega Carlo Stasolla, presidente dell'Associazione 21 luglio. «E questo inevitabilmente crea tensioni». Specie in un ambiente dove non c'è l'ombra di un servizio, dove i roghi tossici sono all'ordine del giorno, dove la Polizia locale difficilmente oltrepassa i cancelli d'ingresso.
E proprio lì, sulla soglia di questa terra di nessuno dove in pochi si azzardano a mettere piede ti puoi imbattere nello sfogo di due vigili urbani in servizio da piantone. «Qui è pieno di pregiudicati, c'è gente che come minimo si è fatta dieci anni di carcere - si sfoga un agente al civico 72 di via Salviati - Il muro c'è quasi dall'inizio, praticamente da quando è nato il campo. Ma pure tra i vari gruppi, ci sono famiglie in conflitto. E qui se non te ne vai con le buone, te ne vai con le cattive». Denunciare, sembrano dire, è quasi inutile. «Una in più una in meno, per loro, non cambia niente. A questi le denunce je rimbarzano». Gli rimbalzano.