Roma, "Mondo di mezzo": in carcere i collaboratori di Massimo Carminati

Roma, "Mondo di mezzo": in carcere i collaboratori di Massimo Carminati
di Michela Allegri
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Sabato 15 Settembre 2018, 09:38 - Ultimo aggiornamento: 11:27
Tornano in carcere il braccio destro di Massimo Carminati, Riccardo Brugia, e Matteo Calvio, soprannominato «Spezzapollici». Sono passati solo pochi giorni da quando la III corte d'Appello ha ribaltato la sentenza di primo grado e ha stabilito che il Mondo di mezzo governato dall'ex Nar e dal ras delle coop Salvatore Buzzi, si reggesse su un'associazione di stampo mafioso. Brugia e Calvio, che si trovavano agli arresti domiciliari, sono stati condannati per 416 bis insieme ad altri 16 imputati: dovranno scontare rispettivamente 11 anni e 4 mesi e 10 anni e 4 mesi.

Anche altri due imputati eccellenti sono stati condannati per lo stesso reato: Luca Gramazio, ex capogruppo di Forza Italia al consiglio regionale, ha avuto 8 anni e 8 mesi di pena, mentre Fabrizio Franco Testa, ex manager di Enav, ha avuto 9 anni e 5 mesi. Entrambi si trovano ai domiciliari. Nel loro caso, però, la Corte d'appello ha deciso di non disporre il carcere. In realtà, la Procura generale aveva chiesto l'applicazione della custodia cautelare più rigida per tutti e quattro, evidenziando - si legge nel decreto emesso della III sezione penale - che «il decorso del tempo non ha inciso sulla sussistenza delle esigenze cautelari nei loro confronti, tuttora detenuti agli arresti domiciliari e non essendosi gli stessi dissociati».

Per i giudici, però, per Gramazio e Testa non ci sarebbe più il rischio di reiterazione del reato. Il primo «ha rivestito all'interno dell'associazione un ruolo di partecipe, strettamente collegato alla funzione da lui svolta, di consigliere comunale prima e di consigliere regionale poi, funzioni che attualmente non ricopre». Il collegio sottolinea anche che «la rete di rapporti politico-istituzionali che evidentemente l'imputato conserva non è sufficiente per la formulazione di una prognosi concreta di reiterazione del reato associativo». A Testa, invece, la Corte ha attribuito «un ruolo secondario», di «mero partecipe» all'associazione. I magistrati hanno anche considerato il «depotenziamento» del gruppo criminale «a seguito degli arresti». Per i giudici, «anche se non risulta una espressa dissociazione dal sodalizio», da parte di Gramazio e Testa, è evidente che entrambi hanno ormai «rescisso i loro legami con lo stesso», anche in considerazione del «tempo trascorso». Tradotto: «Non ci sono elementi per ritenere che i predetti imputati possano continuare a svolgere all'interno dell'associazione il ruolo svolto in precedenza». Nel caso di Brugia e Calvio, invece, il discorso è diverso. I giudici della III sezione penale sottolineano che l'apporto da loro fornito all'associazione è stato «connotato da condotte violente». Ad aggravare la posizione del braccio destro dell'ex Nar c'è pure una «grave condanna per reati contro la persona», anche se risalente nel tempo. Per i giudici, nel caso dei due imputati «i segnali di rescissione non sono apprezzabili, considerato lo stretto legame che li univa a uno dei capi dell'associazione», cioè Carminati.

Nei prossimi giorni, invece, la Procura generale dovrà decidere se chiedere che Carminati e Buzzi, considerati i capi dell'associazione mafiosa, vengano trasferiti in strutture di massima sicurezza e in regime di 41 bis, cioè di carcere duro. I due, condannati rispettivamente a 14 anni e 6 mesi e a 18 anni e 4 mesi, si trovano attualmente detenuti nelle carceri di Tolmezzo e Opera. L'applicazione del 41 bis spetta al ministro della Giustizia su richiesta dell'autorità giudiziaria.
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