La marcia silenziosa per ricordare la deportazione degli ebrei del 16 ottobre 1943

La marcia da Trastevere al Ghetto
di Marco Pasqua
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Domenica 21 Ottobre 2018, 20:56 - Ultimo aggiornamento: 21:31

Una marcia contro quel male che si annida, ancora oggi, «nella discriminazione e nell'odio razziale». Un corteo per ricordare quella che fu una tragedia non solo della città di Roma, ma dell'umanità intera, ferita e calpestata dalla lucida follia dei nazisti e da quel piano di sterminio di cui gli ebrei dovettero pagare le conseguenze, con la vita. Anno dopo anno, questo momento, questo incontro di persone che vogliono ricordare per non dimenticare quel 16 ottobre del 1943, è un'occasione per difendere il sacrificio di quanti sono stati assassinati.
 

 

Un corteo che ha sfilato da Trastevere al Portico d'Ottavia, guidato da un gruppo di bambini, quello organizzato nel 75esimo anniversario del rastrellamento del ghetto. Dal presidente della Regione, Nicola Zingaretti, al sindaco, Virginia Raggi, fino alla presidente della comunità ebraica, Ruth Dureghello, al fondatore di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, e al ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enzo Moavero Milanesi: tutti uniti nel percorrere a ritroso il tragitto compiuto dai deportati quel 16 ottobre, quando, dal quartiere ebraico, furono condotti al collegio militare di Trastevere, prima di essere imprigionati nei treni. Sui cartelli, sono indicati i nomi dei luoghi dell'orrore, di quei campi di messa a morte che significano solo odio: Auschwitz, Birkenau, Dachau, Sachsenhausen.
 


«L'odio è stata la radice del 16 ottobre, quest'anno ricorrono 75 anni dalla deportazione e 80 dalle leggi razziali, non ci sarebbe stato il rastrellamento se non ci fossero state le leggi razziali. Si arriva al 16 ottobre per un processo basato sull'odio e l'intolleranza», ha affermato Zingaretti. «Ho invitato tutti i romani a raggiungerci per recuperare una parte importante della nostra memoria di cittadini romani, perché il 16 ottobre è una ferita per tutta la città – ha detto Raggi - È una parte della nostra memoria, della nostra storia, di chi siamo e dove dobbiamo andare, soprattutto in giorni come questi. Momenti come questi servono a dirci chi siamo stati e chi non vogliamo più essere. E' di questi giorni la notizia di tre ragazze che hanno fatto il saluto fascista mentre erano in gita con la scuola nel campo di concentramento di Auschwitz, io mi chiedo se la responsabilita' e' di quelle ragazze o anche nostra. Credo che sia anche nostra - ha concluso - perche' abbiamo relegato forse a quattro pagine su un libro di storia una tragedia cosi' forte, forse dobbiamo riprendere in mano La nostra storia e dare un peso diverso A queste vicende. Credo che momenti come questo servano per farci capire chi siamo stati. E chi vogliamo essere».
Per Dureghello «c'è ancor più bisogno di memoria ora che i fatti si allontanano nel tempo ma soprattutto di insegnare ai ragazzi che quello che è accaduto non è una fake news, è la realtà. Il male si annida ancora nella discriminazione e nell'odio razziale».

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