Non ha amici che la possano aiutare e viene ospitata in diverse strutture come le suore di Madre Teresa a Primavalle e la onlus Casa Betania. Maria da quando è arrivata in Italia ha sempre provato a lottare per assicurare un futuro al bambino: riesce a trovare un lavoro stabile come colf. Adesso vive in un residence gestito da religiose dove paga l’affitto. «Non mi sono mai persa d’animo - racconta Maria in lacrime - ho bussato a tante porte, ho trovato un lavoro e un tetto». Ma il destino di Luca è cambiato: ora è lontano dalla mamma naturale.
L’INCUBO
«Non fumo, non bevo, non esco la sera» continua a ripetere disperata mentre piange. La mamma era già stata oggetto di un provvedimento che prevedeva la parziale sospensione della potestà genitoriale. Poi la decisione. «Non si può negare il legame affettivo che mantiene invischiata questa donna al proprio figlio» si legge nella sentenza ma «talvolta il solo affetto meramente dovuto alla maternità biologica non è utile a garantire a un figlio ciò di cui ha realmente bisogno.
A causa del suo vissuto doloroso risulta ella stessa bisognosa di vicinanza e prossimità».
Maria non avrebbe aderito «a un adeguato progetto» che aveva l'obiettivo di farle acquisire «stabilità e equilibrio come persone e come donna e non ha saputo dimostrare in ben tre anni di riuscire a sostenere se stessa e il figlio». La mamma racconta di quel lavoro non accettato che le avevano offerto a Rieti come badante a tempo pieno a una anziana non autosufficiente per 300 euro mensili.
«Non ho letto la sentenza - precisa Luisella Fanni, presidente dell’Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e i minori - so solo che la povertà non può essere causa dell’allontanamento, deve esserci altro». «Il dramma dell’abbandono di cui sono stata vittima, ora lo sta rivivendo mio figlio, questo non è giusto» dice Maria.
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