Mafia Capitale, Marino: non lascio, per me è stata una giornata di festa

Ignazio Marino
di Fabio Rossi
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Venerdì 5 Giugno 2015, 06:16 - Ultimo aggiornamento: 6 Giugno, 08:28

Lasciare il Campidoglio? Lo farò nel 2023, alla fine del mio secondo mandato».

Sindaco Marino, il secondo atto dell'inchiesta Mafia Capitale rischia di spazzare via la sua amministrazione?

«Macché. Quest'inchiesta è frutto anche del nostro lavoro di cambiamento. Il mio primo atto da sindaco è stato chiedere al ministero dell'Economia di poter utilizzare gli ispettori della Guardia di finanza in Campidoglio. E già lì in molti storsero il naso».

Ma il panorama dell'amministrazione capitolina che emerge dagli atti è drammatico.

«Questa per me è una giornata di festa: con la giunta Alemanno la criminalità organizzata si era infiltrata fino ai vertici dell'amministrazione. Oggi tutto questo è cambiato, Roma deve essere guida morale del Paese».

In tanti chiedono le sue dimissioni.

«Se a chiedermi riflessioni fosse papa Francesco, mi fermerei a pensare seriamente alle mie azioni. Ma se le dimissioni me le propone Giorgia Meloni, leader di un partito che ha chiesto voti alla 'ndrangheta, rispondo che io voglio spianare come un rullo compressore tutte le persone che negli ultimi anni si sono messe sotto i piedi i diritti e i soldi dei romani».

L'inchiesta però ha toccato soprattutto esponenti del Pd.

«Anche qui tutto è cambiato: è finita l'epoca in cui si faceva finta di litigare di giorno, per poi accordarsi di notte su come spartirsi i soldi pubblici, magari insieme ai capi della criminalità organizzata».

Quindi c'è un problema di legalità ancora da affrontare nel Pd romano?

«Su questo aspettiamo il lavoro di Matteo Orfini e Fabrizio Barca. Dobbiamo dire, però, che il Pd è l'unico partito che ha deciso immediatamente di affidarsi a un commissario, per radiografare tutti gli atti e gli iscritti di ogni singolo circolo. Tutti gli altri soloni, dalla Meloni alla Lega, cosa hanno fatto per fare pulizia all'interno del centrodestra? E poi dicono che chi combatte la mafia si dovrebbe dimettere? Forse devono cambiare spacciatore».

I maggiori problemi in consiglio comunale, però, li ha creati la sua stessa maggioranza.

«Il cambiamento è uno degli esercizi più difficili per gli esseri umani.

Ricordo con amarezza, in effetti, mesi in cui nello stesso centrosinistra il mio metodo di lavoro ha creato dispiaceri a chi voleva conservare le cose così come stavano».

E stato lei a nominare assessore alla casa Daniele Ozzimo, uno degli arrestati.

«Ozzimo era stato una delle indicazioni fattemi dal Pd, il partito di cui sono orgoglioso fondatore, come una delle migliori teste da inserire in giunta. Quando ho appreso le accuse che lo toccano sono rimasto sconvolto. A livello umano mi è sempre sembrato una persona perbene, ma la giustizia deve fare il suo corso. Faremo le nostre considerazioni dopo le sentenze».

Il Pd le aveva proposto anche Mirko Coratti?

«Col senno di poi credo di aver fatto bene, quando ho deciso di cambiare la squadra di governo, ad aver scelto Sabella invece di Coratti».

Del suo schieramento faceva parte anche Andrea Tassone, ex minisindaco di Ostia, anch'egli finito in manette.

«Premesso che gli unici partiti con persone arrestate o indagate per mafia sono quelli di centrodestra, la vicenda Tassone dimostra che il Pd ha quelle antenne adatte per percepire quando c'è qualcuno che non sta facendo bene il suo lavoro. Tanto è vero che Tassone è stato rimosso dal commissario Pd molto prima dell'azione della magistratura che ora lo ha portato agli arresti domiciliari».

Ma proprio con Tassone volevate creare a Ostia la giunta della legalità, ipotizzando anche l'inserimento di personalità come Livia Turco, prima di virare sul commissariamento.

«L'ipotesi di una giunta della legalità l'ho letta solo sui giornali. Non ho mai partecipato a discussioni, pubbliche o private, sull'argomento».

L'amministrazione comunale di Roma è complessivamente inquinata?

«Questo è un problema difficile da risolvere. Noi possiamo sospendere funzionari o dirigenti, ma non possiamo rimuoverli o licenziarli. Mi pare che Matteo Renzi, cheanche su questo è stato contestato, stia imboccando una strada diversa».

Quindi il pericolo di inquinamento degli atti amministrativi è ancora molto forte?

«Anche se ci fossero 30-40 persone indagate, i nostri dipendenti sono complessivamente 23 mila. La maggior parte sono persone perbene e preparate».

Non teme che l'attività amministrativa possa paralizzarsi, in questa situazione?

«Abbiamo amministratori bravi e coraggiosi, che ci permetteranno di vedere Roma rinascere».