Mafia Capitale, i clan puntavano ai locali dei Parioli

Mafia Capitale, i clan puntavano ai locali dei Parioli
di Michela Allegri
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Mercoledì 10 Dicembre 2014, 06:13 - Ultimo aggiornamento: 08:05
Gli uomini del "Cecato" avevano le mani in pasta ovunque. Volevano prendersi tutta Roma, spaziando dagli appalti immobiliari, al traffico di droga, fino al business dei ristoranti di lusso. Emerge da un'informativa dei carabinieri del Ros: un soggetto legato a Carminati e inserito nel campo della ristorazione voleva accaparrarsi la gestione di due locali di grido ai Parioli, il "Duke's" e il "Prime", forse utilizzando denaro «reimpiego di proventi illeciti». Si tratta di Stefano Massimi, imprenditore, che lavorava anche per Marco Iannilli nella "Arc Trade", società coinvolta nell'indagine sugli appalti Enav. Una società di cui Iannilli era formalmente il proprietario, ma che di fatto sarebbe stata controllata da Carminati.






Il nome di Massimi spunta un po' ovunque negli atti dell'inchiesta su Mafia Capitale. Nell'ottobre del 2012 cura un affare a sei zeri per conto di Carminati e di Daniele Pulcini: l'acquisizione di un convento nel comune di Santa Marinella. Sua moglie, invece, possiede il ristorante "Celestina ai Parioli", ai cui tavoli sono di casa il "Cecato" e Giovanni De Carlo, l'uomo che il boss Ernesto Diotallevi appella come «suo erede». Ma, soprattutto, Massimi avrebbe movimentato in modo anomalo montagne di soldi. Emerge da un report di Bankitalia. Gli inquirenti sospettano che l'imprenditore sia un uomo di fiducia di Carminati. Uno in grado di far girare il denaro, di reimpiegare mazzette forse sporche in affari milionari. Nel 2012, i suoi telefoni sono intercettati.



IL "PRIME"

Gli investigatori ricostruiscono la vicenda societaria del "Celestina ai Parioli". Due anni fa, il locale navigava in cattive acque: Massimi dice di essere privo dei fondi necessari per mantenerlo; il suo socio non riesce a pagare il personale. Un terzo associato, invece, a detta degli inquirenti potrebbe essere «un prestanome per conto di terzi, che potrebbero operare in qualità di soci occulti del ristorante, per il reimpiego di proventi illeciti». Il dissesto finanziario, però, sembra cozzare con i progetti di Massimi, che vorrebbe «acquistare il ristorante "Prime" a piazza Euclide per l'importo di 1,5 milioni».



Da dove arrivavano tutti quei soldi? Un altro locale romano su cui l'imprenditore avrebbe avuto interessi, è scritto nell'informativa del Ros, è "Pagaroma", in viale Bruno Buozzi. Massimi è in contatto con i titolari, che dovrebbero rilevare alcune quote del "Celestina". Pensa anche di inserirli nell'affare del "Prime", ma il progetto sfuma.



E' un avvocato a suggerire a Massimi l'acquisto del ristorante di piazza Euclide. Nel luglio del 2012 telefona all'imprenditore e gli dice di avere una dritta: «Compreso le mura, compresa l'attività ce pigliamo er Prime a un milione e mezzo». Poi elenca entusiasta le caratteristiche locale: «100 mq, bar su strada, piano cucine, terrazza».



Dalla stessa intercettazione emerge che inizialmente le mire dei soci erano rivolte al Duke's, ristorante vip a viale Parioli: «Cioè, rischiamo de spendere quello che avresti speso con il Duke's e senza averce niente in mano... qui invece c'hai la proprietà!». I sodali di Carminati non erano interessati solo ai ristoranti di viale Parioli. Puntavano a controllare la movida di Roma Nord. De Carlo, l'erede del "Cecato", per esempio, aveva messo gli occhi sul "Met" a Ponte Milvio, così come sui locali "Da Brando" e "Re Pub", in via Flaminia. E pure su un bar nei pressi di piazza Cavour: il "Tam O'Shanter Scottish Pub".