Mafia Capitale, Carminati piange ricordando l'ex Nar Alibrandi: «Non rinnego quegli anni»

Mafia Capitale, Carminati piange ricordando l'ex Nar Alibrandi: «Non rinnego quegli anni»
di Sara Menafra
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Mercoledì 7 Dicembre 2016, 07:53 - Ultimo aggiornamento: 8 Dicembre, 11:25

È la sua storia, la storia dell'estrema destra romana. La storia dei Nar. Quando il fratello di Alessandro Alibrandi, Lorenzo, prende la parola in aula, il duro Massimo Carminati si siede sulla sedia più lontana dalla telecamera di sorveglianza che lo collega in teleconferenza al processo Mafia Capitale e si passa insistentemente il palmo della mano sul viso. Commosso. Lorenzo intanto, che quando Alessandro Alibrandi morì in un conflitto a fuoco tra Nar e Polizia (alla stazione di Labaro, nel 1981) aveva solo 15 anni, racconta: «Carminati dal 1979 era il migliore amico di mio fratello Alessandro, dopo la sua morte è rimasto una figura sostitutiva, è stato ed è come un fratello maggiore. Siamo molto legati, non è un'amicizia, è un legame diverso». E prosegue: «Quando vidi Alessandro da latitante, mi disse che era tornato perché avevano sparato a Massimo e stando a Roma si sentiva più vicino».

GLI ANNI 70
Mafia Capitale è il processo alla criminalità organizzata di oggi, si parla di appalti e accoglienza ai migranti, di mazzette e fatture false, ma almeno ieri mattina, l'udienza è stata un tuffo nella Roma degli anni 70. Una storia che il Nero Carminati non ha alcuna intenzione di rinnegare. E' proprio nel corso di un altro conflitto a fuoco, infatti, che il presunto leader della mafia romana di oggi perse l'uso dell'occhio sinistro. Ma prima ancora, la storia della sua amicizia con Alessandro Alibrandi, morto a ventun'anni e considerato, come racconta il fratello in aula, il responsabile dell'omicidio del militante di sinistra Walter Rossi, si incrocia con la nascita del gruppo armato Nar. Più procura e parti civili provano a mettere in difficoltà Lorenzo Alibrandi, più lui scalpita. E alla fine chiede la parola: «Io non rinnego nulla della mia vita, è stata quello che è stata. Ho sempre pensato che è meglio avere una idea sbagliata che nessuna idea. Non posso rinnegare i miei amici così faccio contento il dottor Tescaroli. Lui mi può anche chiedere l'ergastolo, è un suo diritto. Io ammiro la sua cattiveria professionale ma non può farmi la morale». E poi: «Non mi sono lamentato quando mi hanno abbattuto in mezzo alla strada da disarmato. Non mi sono neanche costituito parte civile nei confronti degli agenti perché ho riconosciuto il loro diritto di poterlo fare in quegli anni».
Lorenzo Alibrandi è il titolare della cooperativa di accoglienza ai minori Piccoli passi e socio nella gestione di una spiaggia a Ostia. Stando alle carte d'accusa, era ed è un protetto del Nero che avrebbe usato la sede della coop per ricondurre a ragione dei creditori della 29 Giugno e sarebbe intervenuto per allontanare una testa calda dalla spiaggia dell'amico. Era lui a portare nella sede della onlus Marione Corsi, l'ex ad di Eur Riccardo Mancini, Luca Gramazio e ad un invito avrebbe risposto anche Rosella Sensi, l'ex presidente della Roma. Dei primi Alibrandi dice più volte «li conosco da 40 anni»: «Mio fratello era un terrorista, si definiva fascista».

IL SOTTOSEGRETARIO
L'udienza, in teoria, è dedicata a chiarire anche un altro pezzo della storia, vera o presunta, di Carminati: quella dei rapporti coi Servizi segreti. Il suo avvocato, Giosuè Naso, chiama il sottosegretario con delega all'intelligence in persona, Marco Minniti, per porgli l'unica domanda: il presunto capo di Mafia capitale ha mai avuto rapporti con i servizi segreti: «Mi sono informato, ho fatto degli approfondimenti, ma non risulta che abbia avuto rapporti con i nostri agenti, sia formali sia informali». Carminati a fine udienza non resiste all'istinto della battuta: «Che devo dire, abbiamo sbagliato servizio, dovevamo chiamare il sottosegretario ai Servizi segreti deviati». In realtà, una domanda da fare ci sarebbe. Un anno e mezzo fa il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti chiese l'audizione del procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, perché nel corso di un approfondimento avevano scoperto che nel 2003 il Sisde aveva fatto un approfondimento proprio sulle attività di Carminati, con tanto di pedinamento. Sebbene le sue attività economiche scoperte dall'inchiesta fossero già ben chiare, quell'informativa è arrivata ai pm solo ad inchiesta avviata.