Il male della ludopatia: «Portavo i miei figli ai videopoker: loro piangevano, io non li sentivo»

Il male della ludopatia: «Portavo i miei figli ai videopoker: loro piangevano, io non li sentivo»
di Raffaella Troili
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Domenica 15 Aprile 2018, 09:27
Vanno maneggiati con cura i giocatori seriali, i ludopatici, i drogati delle slot. Hanno sofferto e fatto soffrire, temono di riaffondare. Luna sono sette anni che non gioca. Alle spalle altri 30 che «mi hanno devastato. Ho messo in ginocchio la famiglia». Ha iniziato a 20 anni: schedine, totocalcio, a Roma dove abita al Fleming, ha scoperto le slot machine, il lotto e il superenalotto, il gratta e vinci. «Esisteva solo il gioco, ho abbandonato i figli piccoli pensavo più al gioco che a loro, mio marito mi stava cacciando di casa: mi ha detto vai a giocare ma i bambini non te li faccio rovinare».

Luna usciva di sera. «Li lasciavo a casa con il padre». E di giorno con loro: «Me li portavo dietro, quando giocavo alle slot se piangevano nemmeno li sentivo. Volevano andare a casa e io non li stavo ad ascoltare, sono rimasti segnati, passavano tre quattro ore nelle sale giochi». Dal 92 al 10 agosto 2011. Avrà speso 50mila euro. «Ho rubato i soldi del datore di lavoro, di mio marito, dei miei figli. All'inizio mio marito non se ne era accorto. Poi ha provato in tutti i modi a farmi smettere, alla fine mi ha messo le valigie fuori di casa».

Luna ha recuperato marito e figli, fondamentale è stato avvicinarsi ai gruppi di Giocatori anonimi che si riuniscono in molti quartieri di Roma: «Il gioco è una malattia vera e propria, io posso avere una ricaduta pure adesso: attacco con lei e vado al bar a giocare...». Luna gira senza soldi e bancomat, la dipendenza non è passata, «ancora oggi ho paura. Ho perso lavoro, anni, mi ero isolata dal mondo, ho preso prestiti e acconti che stiamo ancora pagando». Luna e le macchinette, Luna e il gratta e vinci, Luna che ora avverte «lo Stato ci mangia sopra, lasciate perdere non si vince mai, è solo un'illusione, una droga, quello che vincevo me lo rigiocavo e se vincevo 100 mi giocavo 200. E non dormivo, pensavo solo a come procurarmi i soldi il giorno dopo, andavo in crisi d'astinenza».
Ora ha 53 anni, «ancora oggi ho paura a girare con tanti soldi e passo lontano ai posti dove si gioca, mi faccio comprare le sigarette da mio marito per non entrare nei bar tabacchi».

PER STRADA
«Non gioco dal 14 dicembre del 2003». Certe date sono importanti. Mario, 54 anni vive in Prati, anche lui frequenta la grande famiglia dei Giocatori anonimi e risponde anche lui alle emergenze. «La mia vita è stata caratterizzata dall'autodistruzione, dal cercare di farmi del male ripetendo lo stesso errore sperando in un risultato diverso che non avveniva mai: ho capito che giocavo a perdere».

Un padre alcolista e giocatore compulsivo Mario il gioco ce l'aveva già in casa. «In quinta elementare giocavo a poker, a soldi, poi è stato un crescendo, bische, sale giochi, se uno vuole giocare gioca dappertutto: ho iniziato con i furti in casa, con i periodi che non potevi respirare senza il gioco. Ho giocato anche con la vita, avevo un vuoto dentro che non riuscivo a colmare». A 21 anni perde entrambi i genitori, va a vivere all'estero, non trova pace, vaga per sale bingo. «Non avevo altro interesse, ho mandato tanti rapporti all'aria, mi sono trovato in mezzo alla strada».
«Il gruppo Giocatori anonimi di via Napoli è stato la mia salvezza, c'era gente con la mia stessa malattia, potevo trovare pace, giorno dopo giorno sono riuscito a uscirne. Ho di nuovo un lavoro, una compagna, una vita normale. E lo vedo come un miracolo. I soldi? Più di tutto ho perso la dignità, ho tradito le persone a cui volevo bene».
Il gruppo Giocatori anonimi funziona perché capisci «che insieme ce la si fa, non c'è vergogna nel chiedere aiuto: tante fragilità fanno la forza». Tante storie all'apparenza simili, come quella di Luciano passato per le scommesse, le slot «un tempo le sequestrava la finanza ora sono gestite dai Monopoli di Stato. La verità è che non puoi giocare con un computer: perdi sempre, sei peggio di un drogato. Io ho cominciato per scherzo, come chi si fa uno spinello e poi finisce eroinomane. E dopo non ne puoi più fare a meno. Lo Stato vende droga, vende illusioni ai suoi cittadini. E il gioco è peggio della droga: ti entra nel cervello». Ne è uscito, anche lui. Ex giocatore compulsivo. «In 15 anni ho buttato 90mila euro, quasi venti anni di dipendenza, ho toccato il fondo, non me lo perdonerò mai». Maledette macchinette, e stanno ancora qua.
 
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