«Lei è morta, sono disperato»
L'ingegnere tra choc e accusa di omicidio

Soter Mulè
di Luca Lippera
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Domenica 11 Settembre 2011, 09:02 - Ultimo aggiornamento: 11 Ottobre, 22:49
ROMA - Sono il primo ad essere disperato. Credetemi. Non avrei mai immaginato che potesse succedere una cosa del genere. Ma le ragazze, potete chiederlo a quella che sopravvissuta, erano del tutto consenzienti. Abbiamo deciso insieme di andare l sotto e nessuno ha costretto nessuno.

Per ore l’ingegner Soter Mulè, 42 anni, originario di Nepi, uno dei protagonisti del gioco erotico che ha portato alla morte di una studentessa pugliese alla Bufalotta, ha cercato di convincere la polizia e il magistrato che in fondo la tragedia di ieri mattina all’alba è stata solo una maledetto incidente: «Le legature le avevo fatte altre volte e non era successo niente ha detto durante l’interrogatorio in Procura Sono in totale buona fede, tanto che ho cercato di salvare sia l’una sia l’altra e poi ho chiamato i soccorsi e la polizia».



La tragedia si è consumata in un seminterrato dell’edificio dove ci sono l’Agenzia delle Entrate Roma 3 e la sede dell’Enav (Ente nazionale di assistenza al volo), proprio di fronte al centro commerciale «Porta di Roma» e al Raccordo Anulare. Mulè, domiciliato sulla Cassia, celibe, laureatosi a Tor Vergata, appassionato di fotografia, è entrato nel locale seminterrato con le amiche attorno alle quattro del mattino.

«Ci siamo preparati ha detto agli agenti della squadra mobile e al magistrato che lo hanno interrogato per ore Era andato tutto bene. Ho prima legato Paola (la vittima, ndr), poi l’amica». La versione erotica dello «Shibari», un’arte giapponese, è un gioco a sfondo sessuale nel filone del sadomasochismo. Si resta avvinti da una corda nel vuoto, un corpo contro l’altro, pelle contro pelle, e bisogna coordinare perfettamente i movimenti per restare in equilibrio. La cosa, a chi ama il genere, dà piacere ed eccitazione. Ma richiede esperienza.

«È successo tutto all’improvviso ha ricostruito Mulè Paola, con la quale avevo avuto una storia, si è sentita male. È svenuta. Quindi ha perso il controllo del suo peso. La fune le si è attorcigliata attorno al collo e ho capito che la stava soffocando. Ho immediatamente preso il coltello. Ho tagliato la corda. Lei quasi non respirava più. Mi sono occupato dell’amica. Ho chiamato i soccorsi e avvertito la polizia. Non ho nascosto nulla. Mi sono preso le mie responsabilità».



Ma il magistrato, dopo ore di interrogatorio, è stato di diverso avviso. La Procura, in questo caso, ha non solo dovuto ricostruire i fatti ma anche dare una non semplice configurazione giuridica al reato. Il pubblico ministero, ad esempio, avrebbe potuto ritenere che il decesso di Paola Caputo fosse dovuto a colpa, imperizia o negligenza dell’ingegnere. Mulè, se fosse passata questa impostazione, sarebbe stato accusato di omicidio colposo e rimesso in libertà in attesa di processo.

Tra gli inquirenti, invece, è passata per ora un’impostazione molto più dura. La versione erotica delle «Shibari», secondo la Procura, nasconde diversi pericoli e una persona di buon senso non può non rendersene conto. Di qui l’accusa: omicidio volontario con dolo eventuale. Mulé, secondo questa ipotesi, pur non volendo l’evento finale (la morte di un’amica, ndr), ha accettato il rischio che l’evento stesso potesse verificarsi.

Bisognerà vedere se l’accusa reggerà in un processo e nel prosieguo dell’iter giudiziario. «Non ho mai letto ho saputo ha provato a difendersi l’ingegnere di Nepi che qualcuno sia morto per una cosa del genere. La cosa, vista con gli occhi della normalità, può apparire estrema. Ma non lo è quando è fatta con tutti i criteri. È il malore di Paola che purtroppo ha cambiato tutto».
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