Roma, la Muraro intercettata: «Irregolarità? Ci penso io»

Roma, la Muraro intercettata: «Irregolarità? Ci penso io»
di Michela Allegri
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Giovedì 22 Settembre 2016, 07:51 - Ultimo aggiornamento: 23 Settembre, 09:13

Era il passe-partout per ogni problema, Paola Muraro, assessore all'Ambiente della giunta Raggi ed ex consulente della municipalizzata dei rifiuti. Il suo nome, già iscritto sul registro degli indagati per violazioni ambientali, spunta anche in un'intercettazione del 2008, inserita in un'inchiesta per truffa e falso che rischia di portare a processo 26 persone - tra cui due funzionari Ama - per aver bruciato nel termovalorizzatore di Colleferro materiali non a norma. Materiali che, spesso, provenivano dall'impianto di Trattamento meccanico biologico di via Salaria, in cui la Muraro è stata responsabile del protocollo sull'inquinamento.
Il sospetto del pm Alberto Galanti, che ha acquisito gli atti di quell'indagine, è che l'assessore - che non risulta indagata insieme ai 26 - fosse al corrente di alcune anomalie di gestione del Tmb. Le irregolarità, infatti, nel caso di una conversazione captata dalle cimici del Noe, riguardavano l'assenza di analisi sul materiale prodotto in via Salaria e poi smaltito a Colleferro. Si tratta di Cdr, cioè combustibile da rifiuto. Lo stesso che, dopo i rilievi, sarebbe risultato irregolare.

E' il 2008. I militari vanno a fare un'ispezione nell'impianto di termovalorizzazione e fanno notare l'anomalia: mancano, appunto, le analisi. Gli accertamenti, sostengono gli inquirenti, andrebbero fatti a monte: prima di trasportare il Cdr da Roma a Colleferro.

L'INTERCETTAZIONE
Dopo il blitz, il responsabile dell'impianto si agita e chiama la Muraro: «Sono venuti i carabinieri - dice - mancano le analisi». L'ex consulente risponde arrabbiata: «Non vi posso togliere sempre le castagne dal fuoco!» sbotta. Intende dire che non può essere sempre lei a mettere a posto mancanze di altri. Poi, trova una soluzione: «Vi faccio una dichiarazione in cui dico che le analisi le mandiamo domani». Il sospetto degli inquirenti è che quelle analisi siano state effettuate solo successivamente allo smaltimento del materiale.

L'inchiesta di Colleferro riguarda un giro d'affari che avrebbe assicurato risparmi enormi a chi, fingendo di occuparsi di rifiuti, metteva invece a rischio la salute degli abitanti della cittadina, condannati a respirare i fumi derivanti dalla combustione di sostanze inquinanti. Gli indagati sono accusati di aver falsificato documenti, alterato codici e aver risparmiato illecitamente milioni di euro. Le intercettazioni in cui si parla della cattiva qualità del materiale bruciato a Colleferro sono tantissime. «Ce stanno pure le gomme delle macchine intere e poi c'è un sacco de metallo» dice uno dei responsabili della ditta che ha in gestione l'impianto. «Se mescola e se brucia» risponde un superiore. Si tratta di una grave irregolarità, visto che il Cdr dovrebbe essere il prodotto di rifiuti trattati, reso riciclabile come combustibile.

Le carte di Colleferro saranno rilette dai pm nell'ambito del maxi fascicolo sull'emergenza immondizia capitolina, dove è indagato anche il ras delle discariche laziali, Manlio Cerroni, con i funzionari di Regione e della Provincia. Al vaglio dei magistrati, anche i rapporti tra Muraro e re Manlio. Il sospetto è che l'assessore possa aver tentato di favorire il ras, visto che in luglio ha tentato di fare ripartire il tritovagliatore di Rocca Cencia. Si tratta di un impianto di proprietà di Cerroni, fermo da marzo e, soprattutto, al centro dell'inchiesta.