E uno stallo che non farebbe altro che aggravare la situazione già precaria della più grande municipalizzata romana. Una cosa, al momento è certa: secondo i Cinque Stelle, «Rota non può rimanere alla guida dell'azienda». Il rapporto fiduciario, dopo lo scambio al vetriolo con Enrico Stèfano, presidente della Commissione Trasporti, uno dei «quattro moschettieri» grillini in Campidoglio (era uno dei consiglieri uscenti, che hanno fatto l'opposizione con Marino) e secondo molti il vero regista delle mosse sulla mobilità a Cinque Stelle, è troppo forte per essere contenuto.
LA NOTA CONGELATA
Già ieri sera circolava l'ipotesi di un ritiro delle deleghe operative a Rota, ipotesi poi rientrata per non meglio precisati problemi «tecnico-legali», anche se era già pronto un comunicato stampa. In ogni caso, ripetevano in Campidoglio, il destino del dg è segnato. E già nelle prossime ore, a partire da oggi, potrebbe arrivare l'epilogo. A questo punto, così, riparte la caccia: e se l'altra volta era stato decisivo, per l'arrivo del manager proveniente da Milano, l'intervento della Casaleggio associati, stavolta bisognerà vedere se Raggi e i suoi faranno da soli oppure no. Uno dei nomi che erano circolati, ad esempio, era quello di Carlo Tosti, già ad di Atac sotto la gestione Alemanno (quella però del post Parentopoli), nome che piace soprattutto all'ala «lombardiana» e più «romana» del Movimento: su tutti, il presidente dell'Assemblea Capitolina Marcello De Vito.
Di sicuro, chi siederà sulla poltrona di Rota (e di Rettighieri prima) si troverà a gestire dei dossier molto delicati: dal rischio di non pagare gli stipendi agli 11 mila dipendenti già ad agosto, fino alla situazione debitoria nei confronti delle banche e dei fornitori. Atac, tra l'altro, non ha ancora presentato il suo bilancio e il piano industriale preparato da Rota giace in qualche cassetto di Palazzo Senatorio. Raggi ha confermato di «averlo ricevuto», che lo stava «valutando» e che a breve insistendo sul mantra «stiamo lavorando» lo avrebbe reso pubblico e quindi operativo. Ma, per il momento, quello che si sa è che proprio quella bozza di piano industriale sarebbe stata una delle gocce che hanno fatto traboccare il vaso: secondo alcune indiscrezioni, infatti, in quel piano si parlava di 1.800 esuberi e la Raggi avrebbe detto no. Poi lo scontro con Rota ha fatto precipitare tutto.