Roma, caso Atac, è già caccia al nuovo dg

Roma, caso Atac, è già caccia al nuovo dg
di Lorenzo De Cicco
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Venerdì 28 Luglio 2017, 08:16
Una poltrona per tanti. Tra turbolenze politiche, servizio sempre più deficitario e conti in rosso, i vertici dell'Atac sono da tempo i più ballerini nell'arcipelago delle aziende partecipate dal Campidoglio. Bruno Rota, attuale direttore generale, era sbarcato in via Prenestina il 10 aprile, appena tre mesi fa, dopo che quella poltrona era rimasta vacante per oltre sei mesi, cioè dall'addio del predecessore Marco Rettighieri che si dimise nel giorno più nero (finora, almeno) dell'esperienza Raggi: era il primo settembre 2016 e in un colpo solo se ne andarono l'allora assessore al Bilancio Marcello Minenna, la ex capo di gabinetto Carla Romana Raineri e, oltre al manager Atac, anche i vertici dell'Ama. Ora, poco più di 100 giorni dopo lo sbarco di Rota in via Prenestina, la possibilità concreta è che si ricominci da capo: nuova call, nuova selezione, altri curricula da vagliare.

E uno stallo che non farebbe altro che aggravare la situazione già precaria della più grande municipalizzata romana. Una cosa, al momento è certa: secondo i Cinque Stelle, «Rota non può rimanere alla guida dell'azienda». Il rapporto fiduciario, dopo lo scambio al vetriolo con Enrico Stèfano, presidente della Commissione Trasporti, uno dei «quattro moschettieri» grillini in Campidoglio (era uno dei consiglieri uscenti, che hanno fatto l'opposizione con Marino) e secondo molti il vero regista delle mosse sulla mobilità a Cinque Stelle, è troppo forte per essere contenuto.

LA NOTA CONGELATA
Già ieri sera circolava l'ipotesi di un ritiro delle deleghe operative a Rota, ipotesi poi rientrata per non meglio precisati problemi «tecnico-legali», anche se era già pronto un comunicato stampa. In ogni caso, ripetevano in Campidoglio, il destino del dg è segnato. E già nelle prossime ore, a partire da oggi, potrebbe arrivare l'epilogo. A questo punto, così, riparte la caccia: e se l'altra volta era stato decisivo, per l'arrivo del manager proveniente da Milano, l'intervento della Casaleggio associati, stavolta bisognerà vedere se Raggi e i suoi faranno da soli oppure no. Uno dei nomi che erano circolati, ad esempio, era quello di Carlo Tosti, già ad di Atac sotto la gestione Alemanno (quella però del post Parentopoli), nome che piace soprattutto all'ala «lombardiana» e più «romana» del Movimento: su tutti, il presidente dell'Assemblea Capitolina Marcello De Vito.

Di sicuro, chi siederà sulla poltrona di Rota (e di Rettighieri prima) si troverà a gestire dei dossier molto delicati: dal rischio di non pagare gli stipendi agli 11 mila dipendenti già ad agosto, fino alla situazione debitoria nei confronti delle banche e dei fornitori. Atac, tra l'altro, non ha ancora presentato il suo bilancio e il piano industriale preparato da Rota giace in qualche cassetto di Palazzo Senatorio. Raggi ha confermato di «averlo ricevuto», che lo stava «valutando» e che a breve insistendo sul mantra «stiamo lavorando» lo avrebbe reso pubblico e quindi operativo. Ma, per il momento, quello che si sa è che proprio quella bozza di piano industriale sarebbe stata una delle gocce che hanno fatto traboccare il vaso: secondo alcune indiscrezioni, infatti, in quel piano si parlava di 1.800 esuberi e la Raggi avrebbe detto no. Poi lo scontro con Rota ha fatto precipitare tutto.