Roma, motociclista ucciso al Circo Massimo. L'autista del bus: «L'ho visto a terra ma sapevo che non ero stato io e sono ripartito»

Roma, motociclista ucciso al Circo Massimo. L'autista del bus: «L'ho visto a terra ma sapevo che non ero stato io e sono ripartito»
di Lorenzo De Cicco
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Mercoledì 13 Gennaio 2016, 08:25 - Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 09:00


È ancora sotto choc Claudio Mauti, l'autista del bus 81 che lunedì ha investito il giovane Simone Vizzarro, quando accetta di raccontare la sua versione sull'incidente che ha tolto la vita al giovane programmatore web di Guidonia. «Ora si è scatenata una caccia al mostro. Ma io non lo sono - dice, con la voce rotta - Sono padre, sa? Ho dei figli. Posso solo immaginare quello che sta passando la famiglia della vittima. In questo momento vorrei abbracciarli forte. Purtroppo non posso fare niente per quello che è successo. Non si può tornare indietro». Mauti, una vita all'Atac (nel 2002 fu anche vittima dell'aggressione da parte di un passeggero, insieme a una collega) ha ancora i ricordi confusi sul momento in cui quella che per lui avrebbe dovuto essere solo una normale giornata di lavoro, si è trasformata in un incubo, con una giovane vita spezzata, una famiglia distrutta. E lui, il conducente, che ora si ritrova indagato dalla Procura con la doppia accusa di omicidio colposo e omissione di soccorso. «È difficile per me ricostruire quei momenti. Faccio fatica a ricordare. Ma di una cosa sono certo: sono subito intervenuti i vigili. Quando sono sceso dal bus erano già lì. E nessuno mi ha fermato».
Quindi è sceso dalla navetta? Ha visto un corpo a terra e poi ha deciso di proseguire?
«Le cose sono andate così: ho sentito un botto, mi sono voltato e dal finestrino ho intravisto dei pezzi all'esterno dell'autobus, pezzi che volavano».
Pezzi del suo bus?
«No, di qualche altro mezzo. A quel punto ho deciso di fermarmi, accostare la navetta e scendere a vedere quello che era successo. Quando sono uscito, ho visto il corpo a terra. E lo hanno visto anche altri passeggeri che erano scesi insieme a me per controllare».
Perché non ha prestato soccorso alla vittima, dato che l'ha vista distesa per terra?
«Perché ho capito subito che non ero stato io. Anche gli altri passeggeri si erano fatti la stessa idea. Infatti mi hanno detto: autista, lei non c'entra niente. A questo punto andiamo via. Poi c'erano anche i vigili urbani».
 
E l'hanno lasciata andare via? Nessuno l'ha fermata, subito dopo lo schianto, almeno per chiederle i documenti?
«Io posso dire che i vigili erano lì. Quasi subito dopo l'incidente. Stavano all'altezza della Bocca della Verità e sono arrivati in pochi secondi. Consideri che non ho neanche fatto in tempo a scendere dall'autobus che già me li sono ritrovati accanto al motorino. Ma a me non mi hanno detto niente. Infatti me ne sono andato, perché ero convinto di non c'entrare nulla con quanto successo».
Dalla sua postazione, come spiega l'incidente? Ha visto lo scooter prima dello schianto? Oppure se n'è accorto solo dopo?
«Mentre guidavo non ho visto assolutamente niente».
E allora cosa è accaduto, secondo lei? È stato un altro veicolo a colpire il motorino?
«Posso immaginare che sia stato preso da un furgone e che poi sia finito sotto le mie ruote di dietro. A quel punto, come ho detto, mi sono fermato immediatamente. Però vedendo che l'autobus non c'entrava, ho proseguito, anche perché i passeggeri mi chiedevano di andare via. ”Tanto lei non c'entra”, mi dicevano».
Al momento del contatto con la moto, l'autobus era sovraffollato? Aveva la visuale coperta?
«Assolutamente no, dalla cabina riuscivo a vedere tutto. Non c'era nessun ostacolo che mi impedisse di vedere. Anche perché io non guido mai se non riesco a focalizzare perfettamente la strada davanti a me. Ci mancherebbe».
Anche se nega qualunque responsabilità sulla morte del giovane, vorrebbe dire qualcosa alla famiglia di Simone Vizzarro?
«Posso dire solo che in questo momento riesco a capire il loro enorme dolore. Che mi dispiace tantissimo per quello che stanno vivendo. Sono amareggiato, faccio fatica a dormire. Anche io ho dei figli, non può capire come sto. Se ne avessi la possibilità, vorrei solo abbracciarli forte. Però io non posso fare niente per quello che è successo. Purtroppo non si può tornare indietro».