L'Islam scende in piazza, le mille voci dalle moschee di Roma: «No a tutte le atrocità»

L'Islam scende in piazza, le mille voci dalle moschee di Roma: «No a tutte le atrocità»
di Luca Lippera
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Sabato 21 Novembre 2015, 15:42 - Ultimo aggiornamento: 11:53

«Parigi, Parigi, Parigi... E i ragazzini uccisi ogni giorno in Palestina?». Le undici di ieri mattina, profumo di polpette alla brace, il mercatino attorno alla Grande Moschea di Monte Antenne brulica di gente e di colori. Alì, 54 anni, elettricista, originario della Tunisia, si gode un panino con il pollo arrostito e ragiona sulla manifestazione di oggi con cui i musulmani vogliono dire forte e chiaro che il terrorismo è barbarie e che l'Islam lo rifiuta. «Quelli che ammazzano a quel modo stanno fuori di testa - afferma - Però una cosa la voglio aggiungere: perché nessuno parla mai allo stesso modo dei giovani fatti fuori a Gaza e in Cisgiordania? A me questa cosa mi dà proprio fastidio. Nessuno può accettare quello che sta succedendo ora nel mondo. Però certo, se mi toccano la famiglia, se mi toccano la religione, in un momento di rabbia... Chissà».

UN CALEIDOSCOPIO

I settantamila musulmani di Roma, con almeno dieci nazionalità diverse, formano un caleidoscopio difficile da inquadrare in un'unica cornice. Prendiamo i bengalesi, ad esempio, la componente più numerosa. «Stiamo molto per conto nostro - dice Gopal, gestore di un negozietto di alimentari vicino a piazza Vittorio con annesso internet-point - La gente, lo sappiamo, ci ritiene pacifici e lontanissimi da certi avvenimenti». «Alcune cose non possono essere mai giustificate - premette Yassin, 40 anni, egiziano, venditore ambulante attorno all'università - ma la disperazione, la rabbia e l'emarginazione di interi popoli possono portare ovunque.

Capirlo, e agire di conseguenza, significherebbe dare un colpo mortale al terrorismo».

L'APPUNTAMENTO

Oggi in piazza Santi Apostoli (ore 15) ci saranno i rappresentanti di tutte le comunità islamiche d'Italia: l'Ucoii, il Coreis, la Confederazione dei musulmani del Marocco, l'unione dei medici arabi, diplomatici, ambasciatori. E poi il presidente della commissione diritti umani del Senato Luigi Manconi, quello della commissione Affari Esteri Pier Ferdinando Casini, il coordinatore dell'intergruppo per l'integrazione Khalid Chaouki. Ma viene spontaneo chiedersi se l'iniziativa riuscirà a mobilitare anche i tantissimi Alì, gli Abdullah e i Mohammed che formano - apparentemente lontani dai vertici - la base della piramide musulmana a Roma e in Italia. «Una manifestazione contro il terrorismo? Dove? Non lo so - ammette una donna con la tunica nera davanti alla Grande Moschea - L'idea è buona. Ma io lavoro, ho i bambini, la casa: non posso andare».

LA MOSCHEA

Mohamed Ben Mohamed, 60 anni, l'imam di Centocelle, invece ci sarà. La sua moschea, la seconda della Capitale, in passato è stata a lungo chiacchierata. L'ha frequentata il ragazzo che qualche giorno fa, durante una trasmissione televisiva, ha giustificato i fatti di Parigi. Ci pregò pure uno degli attentatori che agirono a Londra nel 2005. Oggi dal Casilino almeno cento persone si muoveranno verso piazza Santi Apostoli. «Spero che saremo in tanti - dice Mohamed - e spero, soprattutto, che nessuno metta più in dubbio la nostra posizione: siamo contro il terrorismo e lo riteniamo un abominio. Più che dirlo pubblicamente non si può fare». La moschea è in via dei Frassini, palazzi di periferia, vetrine piene di kebab, negozi quasi tutti musulmani, insegne che sembrano arrivate da Rabat, Marocco. «L'idea della manifestazione è giusta - dice Giacob, un macellaio tunisino - Ma come faccio? C'è il negozio, c'è la famiglia, ci sono i figli. Il sabato è un giorno particolare: finalmente puoi stare un po' insieme ai tuoi. Non è giusto lasciarli soli. Ma con la mente sarò insieme agli altri».

“BANLIEUE”

Izzedin, tunisino anche lui, gestore di un market nella parte più esterna della Casilina, crede di sapere «perché qui a Roma non vedo pericoli». «Conosco le banlieue di Parigi - dice - Non sono soltanto un posto sulla mappa, ma un luogo di disperazione, dove non ci sono né lavoro né prospettive. Un posto dove ti puoi alienare, specie se sei giovane, e metterti in testa idee strane. Invece i musulmani di Roma hanno quasi tutti un lavoro, sono inseriti e anche se hanno poco hanno altro a cui pensare. Certo: anche qui può arrivare il lupo solitario. Ma è molto, molto più difficile, perché non troverebbe un ambiente favorevole».