Roma, la mamma di Luca Miozzi: «Mio figlio morto per le radici la Raggi è una madre, ci aiuti»

Roma, la mamma di Luca Miozzi: «Mio figlio morto per le radici la Raggi è una madre, ci aiuti»
di Maria Lombardi
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Giovedì 19 Luglio 2018, 10:59 - Ultimo aggiornamento: 13:22
Luca quest'anno avrebbe fatto la maturità. La mamma è andata lo stesso al liceo scientifico Peano, all'Eur, a seguire gli esami degli amici. «Ancora gli mandano messaggi. L'iPhone di Luca è sempre in carica, i compagni continuano a scrivergli». Come se lui fosse ancora qui. Ormai è passato un anno e mezzo, era il 26 dicembre del 2016. Padre e figlio su due moto sulla Cristoforo Colombo. Luca avanti e Andrea dietro, a venti metri. Il figlio sbanda e va a schiantarsi contro un albero, il padre lo vede e non può niente. «Ha perso l'equilibrio sulle radici, in quel tratto l'asfalto è deformato. Ha sbattuto la testa, nemmeno un osso rotto». Rita Coletta è tornata più volte a controllare la strada dove ha perso il figlio di 17 anni: Luca Miozzi, penultimo anno del liceo scientifico, appassionato di kick boxing e della sua variante cinese, il sanda, tanti amici che ancora lo cercano. «Non devono morire altri ragazzi così. Non dobbiamo permettere questa strage sulle strade di Roma. Ma la Raggi è una madre? E allora perché non dà ascolto agli appelli che le rivolgono altre mamme che hanno visto i loro figli uccisi da questo asfalto disastrato e maledetto? Perché non ci riceve e non ci dà il suo sostegno? Sarebbe davvero il minimo. Questa città obbliga tutti a prendere la moto. Non riesco a immaginare che caos sarebbe se di colpo tutti quelli che vanno in scooter preferissero l'auto. Ma poi tutti sono condannati a rischiare costantemente la vita sulle due ruote».

LA BATTAGLIA
Rita Coletta è a fianco di Graziella Viviano, la madre di Elena Aubry morta in moto a 25 anni per colpa di una delle tante buche della via Ostiense che adesso sta conducendo una battaglia contro le strade killer: bombolette spray per cerchiare voragini e poi sacchetti di asfalto per riempirle. «L'ho seguita in qualche iniziativa, ma io non ho il carattere forte di Graziella. Lei si è messa in testa di fare questa guerra e fa benissimo, la sostengo a modo mio. Dopo un anno e mezzo, piango ancora la morte di mio figlio e so che nessuno me lo restituirà. Il pm ha chiesto l'archiviazione del caso, se il gip dovesse accogliere la richiesta per me sarebbe come perdere Luca per la seconda volta. Come è possibile non considerare che quel tratto di strada è deformato dalla radici, che c'è un dosso dietro l'altro? Adesso l'hanno riasfaltato. Ma è dovuto morire mio figlio per fare i lavori e imporre il limite di velocità di 50 sulla Cristoforo Colombo».

L'INCIDENTE
«Io e papà usciamo con le moto». Il 26 dicembre del 2016 Luca deve restare a pranzo con la mamma ma poi cambia programma. Il figlio con un'Aprilia Derby 125, il padre con una Bmw Gs. È una bella giornata, pranzano a Ostia. «Luca ha bevuto solo acqua. Poi nel primo pomeriggio è voluto tornare a Roma perché aveva un appuntamento con la ragazza. Ma non ci è mai arrivato». Sono le 14,30 circa, all'altezza del chilometro 24,700 della Colombo, tra gli incroci di via Lido di Castelporziano e via Canale della Lingua, l'incidente. «Luca perde il controllo della moto, come se avesse incontrato un ostacolo. Andava piano perché era appena ripartito dopo lo stop al semaforo. Io li ho viste tutte quelle radici, non voglio che la morte di mio figlio resti impunita». Anche nelle prime relazioni dei vigili urbani viene annotata la presenza di dossi e avvallamenti.

Rita Coletta si è sentita sola in questo anno e mezzo. «Dal Comune nemmeno un messaggio di condoglianze, nessuno mi ha mai chiamata». A Luca è stata dedicata la palestra del liceo, c'è una targa in su memoria nell'atrio. «Stavamo organizzando la festa per i 18 anni, pensavamo di farla in spiaggia. Voglio almeno sapere perché è morto».

 
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