Roma, baraccopoli a Monte Mario: «Ecco il covo dello stupratore»

Roma, baraccopoli a Monte Mario: «Ecco il covo dello stupratore»
di Alessia Marani
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Domenica 16 Settembre 2018, 10:08
Appena ha visto i poliziotti ha cercato di scappare sulla strada sbucando dalla favela nascosta nel folto della giungla che circonda la panoramica di Monte Mario. Stanato dal suo covo, Damian Danut Suli, il romeno di 37 anni fermato con l'accusa di avere rapinato e violentato mercoledì notte una donna di 54 anni davanti al Viminale, ha cercato di resistere fino all'ultimo. «Scalciava, picchiava e sembrava una furia», racconta un testimone. Che aggiunge: «Con lui c'era una donna che gli gridava prima di essere braccato: dammi almeno il telefonino, dallo a me. Ma gli agenti non gli hanno lasciato scampo».

LE TRACCE
Era il cellulare rubato alla vittima lasciata sanguinante e in stato confusionale tra i tavolini, sotto gli ombrelloni, del bar ristorante di via Agostino Depretis, di cui volevano disfarsi. È stato tracciando il suo segnale che gli agenti della Squadra Mobile diretti da Luigi Silipo e gli investigatori del commissariato Viminale sono arrivati all'enorme baraccopoli abbarbicata sulla collina di Monte Mario, tra piazzale Clodio, sede di procura e tribunale, e il retro dell'Hotel Cavalieri Hilton. Un posto che qualche cartello ricorda di essere Riserva Naturale. In realtà cela un grande villaggio della disperazione che sfugge agli sguardi degli automobilisti che percorrono veloci le curve della panoramica che sale fino al belvedere. Ma che a una vista più attenta si palesa in tutto il suo orrore. C'è un mondo sommerso con centinaia di baracche: tende, stamberghe di legno e teloni, ripari tirati su con le canne, altri rinforzati con le lamiere.

CORRIMANO E ROGHI TOSSICI
Il pendio è molto ripido e così, in alcuni punti, per rendere più agevole il passaggio, gli inquilini fantasma hanno costruito dei corrimano con pali di legno legati tra di loro da fili della corrente. L'odore è nauseabondo. Si alzano fumi tossici. Cataste di pneumatici sono abbandonate sul ciglio della strada, insieme con montagne di bottiglie di birra vuote, cocci di vetro ovunque. Sotto le foglie spuntano siringhe. Anche solo camminare fa paura. I fantasmi tra cui Damian si confondeva sono perlopiù romeni, russi e moldavi. Spingono passeggini e carrelli. Appaiono e scompaiono tra i rovi. Qualcuno arriva in bicicletta, altri escono con le taniche per fare rifornimento a qualche fontana. «Saranno centinaia - dice Aldo che abita in un casolare - quando c'è stata la frana, alcuni erano stati sgomberati per fare spazio al cantiere dei lavori. Ma sono tutti tornati, sono anni che hanno preso dimora nella valle dove una volta c'era la cava di argilla dei romani. Si insinuano nella vegetazione selvaggia e fitta, sbucano fuori come le formiche. Conoscono anfratti e passaggi, ormai è casa loro. Ma siamo nel centro di Roma». In zona non sono mancati furti di attrezzi da giardino e tendoni. Lungo i sentieri c'è di tutto: giocattoli rotti, componenti elettronici, pezzi di tv, lettini e sdraio, i panni stesi ai fili. Ci sono gli scarti dei mercatini del rubato e del rovistaggio nei cassonetti.

LA CASA DI BARBIE
Damian Danut Suli dopo essere stato arrestato nel 2015 per rapina a Mestre era stato rimandato in Romania per espiare una condanna per furto. Dopo il soggiorno nelle patrie galere era appena tornato in Italia. E qui, ai bordi della panoramica, aveva trovato riparo. L'altra notte quando i poliziotti hanno fatto irruzione nella favela è spuntato fuori da quella che a Monte Mario è conosciuta come la casa di Barbie, ovvero una grande baracca in mezzo ai canneti che, periodicamente, viene abbattuta e poi ricostruita. Felpa grigia, cappellino da baseball calato sul capo calvo come nella notte dello stupro, correva via, tallonato dai poliziotti. Che per entrare nella giungla hanno dovuto farsi indicare sentieri e passaggi. Una caccia all'uomo nel buio, nella giungla romana. Lui, Damian, inseguito dai magistrati di piazzale Clodio era proprio lì a due passi nella baraccopoli.
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