E' morto Gianfranco Urbani "er pantera", uno dei boss della Magliana: ispirò il "puma" di Romanzo criminale

E' morto Gianfranco Urbani "er pantera", uno dei boss della Magliana: ispirò il "puma" di Romanzo criminale
di Enrico Gregori
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Lunedì 19 Maggio 2014, 08:53 - Ultimo aggiornamento: 20 Maggio, 11:03

Se n’ andato cos, malato e dimenticato, due giorni fa a 76 anni in un ospedale vicino Latina. Ma Gianfranco Urbani,

detto “er pantera”, è stato un malavitoso di primo piano nella criminalità romana, tanto da avere un ruolo non secondario nella costituzione della famigerata Banda della Magliana.

Come tutti quelli che confluirono poi nel gruppo Urbani, intorno alla metà degli anni ’70, faceva parte di una “batteria” di rapinatori. Lui era nel giro di Ostia dove all’epoca spadroneggiava Nicolino Selis.

Fu proprio quest’ultimo che, durante un periodo di detenzione, ebbe l’idea di formare un’organizzazione criminale imponente e, tra i suoi primi gregari, scelse proprio Gianfranco Urbani. Il sodalizio con Maurizio Abbatino, Antonio Mancini e altri boss avvenne poco dopo per dar vita a quella Banda ormai passata alla storia grazie anche a fiction come “Romanzo criminale”. La figura di Urbani ha ispirato proprio l'autore Giancarlo De Cataldo che ha usato la sua storia per costruire la figura del "Puma".

Grazie anche ai suoi contatti con grossi spacciatori thailandesi, Urbani si occupò principalmente del traffico di eroina nelle zone del Prenestino e di Villa Gordiani, ad est della capitale.

All'interno della banda fu anche il punto di contatto e tramite con esponenti di primo piano della ‘ndrangheta come Paolo Di Stefano, Giuseppe Piromalli e Pasquale Condello e i suoi ottimi rapporti con la mafia catanese del boss Nitto Santapaola ne favorirono la collaborazione con il resto del gruppo romano. Tali rapporti e traffici portarono, negli anni ’80 il giudice Giovanni Falcone a spiccare nei suoi confronti un mandato di cattura.

Dopo la disintegrazione della Banda della Magliana, “er pantera” vivacchiò nella illegalità quasi sempre concentrandosi sullo spaccio della droga. Raffiche di arresti, con i suoi capelli sempre più radi e bianchi tanto che persino i poliziotti avevano con lui un atteggiamento commiserevole. “A pantera, ma non è ora che vai in pensione”, gli dicevano. Lui sorrideva, allargava le braccia, poi offriva i polsi alle manette.

Nell 1998, dopo 7 anni di latitanza, venne arrestato all’aeroporto di Fiumicino con l'accusa di traffico internazionale di stupefacenti sulla tratta balcanica.

Dopo l'ultimo periodo di detenzione, non più giovanissimo, Urbani si ritira a Borgo Sabotino, dopo essersi allontanato almeno apparentemente dal giro della grossa malavita. Ma, nel maggio del 2013 viene nuovamente arrestato assieme ad altre 6 persone dagli agenti del commissariato di di Tivoli in collaborazione con la Squadra Mobile di Roma dopo un'indagine durata cinque mesi, come complice nel furto di 6,8 milioni di euro a un istituto di vigilanza di Guidonia nella notte tra il 22 ed il 23 dicembre del 2012. Scegliendo il rito abbreviato, il 30 gennaio del 2014 il Tribunale di Tivoli lo condanna a cinque anni e quattro mesi di reclusione.

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