Fidene, vicoli stretti e bus bloccati nel rione senza parcheggi

Fidene (foto Vincenzo Livieri - Toiati)
di Maria Lombardi
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Domenica 24 Novembre 2013, 09:23 - Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 15:16

A Fidene �borgata� � una bella parola e la periferia non c’�. O almeno non � qui, tra le strade che sono stradine e s’arrampicano tortuose sfiorando case basse prati e orti, a volte perdendosi nel nulla. Fidene è al centro di se stessa, non ai margini della metropoli, orgogliosamente arroccata in cima al colle di tufo guarda Roma dall’alto senza mai confondersi del tutto, come 2.700 anni fa quando era città-stato e sfidava l’Urbe.



Borgata non lo è più da qualche anno, «ma lo è rimasta nel senso migliore del termine», per Sergio Caselli, farmacista e presidente dell’associazione Ciao (commercianti, imprenditori, artigiani organizzati) di Fidene questa era ed è ancora una comunità. «Ha un’anima particolare, è completamente differente da tutti gli altri quartieri. Si cresce insieme e ci si aiuta come in una grande famiglia, i ragazzi sono bravi, c’è poca delinquenza e un forte senso di solidarietà».



LA PULIZIA

Un paesello, insomma, un borgo anni Cinquanta cresciuto senza regole su una necropoli etrusca e poi negli anni soffocato dall’abbraccio dei casermoni popolari. Le case qui sono fatica e sudore, le hanno tirate su con le loro mani operai, artigiani e contadini che arrivavano dall’Abruzzo, dall’Umbria o dal sud e a quei mattoni - all’inizio abusivi - si sono legati come a una nuova terra. Prima qui si diceva: andiamo a Roma, come se Fidene fosse altrove. Ci si metteva gli stivali per arrivarci perché le strade non c’erano e si passava tra erba e fango. Poi i sentieri li hanno asfaltati ma strade vere - tranne quella principale, via Radicofani - non sono mai diventate, viottoli semmai che salgono e scendono tra le case con i giardini e i cancelli.



«I cittadini di Fidene le strade davanti casa se le puliscono da soli», Giuseppe Maio, presidente del comitato di quartiere di Fidene, ne parla come se non fossero cittadini di Roma. «Qui c’è un sistema paese e funziona. I parcheggi non esistono, nemmeno i box e le macchine si lasciano dove si può, qualche volta gli autobus restano incastrati tra le auto». Altrove sarebbe il caos, un inferno di clacson. Anche qui è caos ma silenzioso. «Non si sente suonare, la gente ha pazienza».



I vigili urbani non si vedono, «dovremmo essere multati tutti, che vengono a fare i vigili? A litigare con la gente?». I marciapiedi sono mini, in alcuni tratti larghi appena 60 centimetri, in mezzo ci sono i pali e le mamme con i passeggini faticano.



IL VERDE

C’è ed è tanto ma maltrattato. Il parco delle Sabine scende giù fino alla Bufalotta, «ma qui a largo Labia è abbandonato, il Comune non l’ha ancora preso in carico e nessuno se ne cura», Andrea Cuda dell’associazione «Mamme in gioco» qualche domenica fa era con tante altre famiglie a pulire il verde. «Come associazione abbiamo chiesto che ce lo affidino».

A volte non si respira tanto l’aria è puzzolente. «Colpa dell’impianto dell’Ama di via Salaria, d’estate dobbiamo stare con le finiestre chiuse», si lamenta Maurizio Zampetti, del comitato Serpentara, esposti in Procura e manifestazioni non sono serviti a niente. «E la raccolta differenziata non funziona», incalza il presidente Mimmo D’Orazio.