L’indagine è stata compiuta su un campione di 350 piccole e medie imprese del Lazio. «Per rafforzare questi segnali e fare in modo che essi possano rappresentare una decisa inversione di tendenza – ha commentato il presidente della Federlazio, Silvio Rossignoli – occorrono strategie che debbono essere poste in essere dal soggetto privato non meno che da quello pubblico. La prima riguarda indubbiamente l'intensificazione dell’attività d’innovazione. La seconda strategia contempla i mercati internazionali per renderli più accessibili alle imprese. Infine, la terza strategia è quella della reindustrializzazione del nostro territorio coerentemente col suo profilo».
Tra le principali problematiche segnalate dagli imprenditori, svetta al primo posto il ritardo dei pagamenti da parte dei privati (per il 27,7% degli intervistati). Seguono poi il ritardo accumulato dalla Pubblica amministrazione (dal 15,2% al 16%), l’impossibilità di partecipare agli appalti (in aumento del 2,3% rispetto al precedente semestre), la mancata concessione del credito bancario (dal 5,1% al 6,8% attuale). E guardando a quello che l’amministrazione regionale potrebbe mettere in campo per migliorare il trend economico e produttivo delle aziende nonché il modo per uscire definitivamente dalla crisi, le imprese tornano a chiedere l’abbassamento delle tasse, la semplificazione burocratica, l’agevolazione del credito. Non è casuale, infatti, la risposta delle piccole e medie imprese alla domanda su cosa rende la loro attività meno competitiva rispetto ad altre realtà imprenditoriali italiane. Dalla pressione fiscale (eccessiva per il 30,2% degli intervistati) al costo del lavoro (per il 25,4% del campione) fino alla complessità normativa e burocratica, spada di Damocle per il 20,9% delle aziende laziali.