De Rossi, il Brasile e la rivincita mediatica di Ostia: Copacabana batte "un calippo e na biretta"

De Rossi, il Brasile e la rivincita mediatica di Ostia: Copacabana batte "un calippo e na biretta"
di Giulia Aubry
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Giovedì 19 Giugno 2014, 19:02 - Ultimo aggiornamento: 20 Giugno, 16:57

Lidensi di tutto il mondo unitevi! Al grido di “Ostia meglio di Copacabana”, diffondete le parole di Daniele De Rossi e scrollatevi finalmente di dosso quel “un calippo e ‘na biretta”, tormentone estivo di quattro anni fa (anche quella un’estate da mondiali di calcio), che vi aveva relegati a simbolo universale della “coattaggine” della periferia romana, priva anche di quella nota ironica e sottile che vi avrebbe potuto aggiungere Piotta.

L’eterna lotta che contrappone Roma e Ostia, e che ha sempre connotato il quartiere sul mare come un mero satellite della Città Caput Mundi, parte dai rivoltosi che facevano capo a Massimo Decimo Meridio, ed erano di stanza alla foce del Tevere, avversi all’imperatore Commodo, passa per Giuliano della Rovere (poi Papa Giulio II) che si rifugiò nell’omonimo castello di Ostia Antica in aperto dissenso con Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia), e arriva a Romina e Debora (senza “h”), protagoniste del video del 2010.

Di volta in volta Ostia è stata porto di Roma antica, spiaggia di Roma moderna o – nei momenti più bui – quartiere dormitorio di Roma, senza avere mai – almeno nella percezione esterna – una propria identità. Citati come il luogo dove hanno ucciso Pierpaolo Pasolini o dove molti uomini della Banda della Magliana operavano, dei suoi residenti si parlava – e si parla - come di caricature. Nella migliore delle ipotesi sono ancora descritti come quelli che vanno in giro con lo “stereo a palla” e il windsurf sul tetto della macchina, fermi a una iconografia da anni ’80 o personaggio demodé di Carlo Verdone.

Ma ora c’è la possibilità, concreta, del riscatto. Non al grido di “Massimo, Massimo”, in stile “Il Gladiatore” al Colosseo. Ma a quello di “Daniele, Daniele”, in stile Mundial e, magari, al Maracanà.

Le sue parole - “Ostia? Per me è meglio di Copacabana. Noi che siamo nati lì sappiamo che non c'è niente di più bello” – potranno anche sembrare a qualcuno “provinciali” e sicuramente ci sarà chi le strumentalizzerà a favore di una rappresentazione un po’ naif e auto-discriminante che, a detta dei suoi detrattori, caratterizza quella fascia di terra che si allunga parallela al Tirreno. Ma non usarle come uno slogan, come uno spottone per un quartiere che vive tra mare e pineta, dove la stagione estiva comincia ad aprile e finisce a ottobre, dove anche d’inverno si può mangiare sul mare, dove si riesce ancora a spostarsi con la bicicletta, dove si può scegliere di correre all’ombra dei pini o sulla battigia, sarebbe davvero un peccato.

E i lidensi, anche quelli “emigrati” in altri quartieri di Roma o in altre città italiane ed europee, lo sanno. Tanto è vero che, solo pochi minuti dopo la messa in onda della frase del Daniele nazionale (e lidense doc), è partita la condivisione di massa su Twitter, Facebook, Youtube e persino su Whatsapp. Perché il lidense doc, anche nei momenti più bui, non rinnega la sua origine e la sua appartenenza, e non teme la discriminazione territoriale. Perché, al di là delle buche sulle strade, dei marciapiedi dissestati, dei disagi tipici della periferia di una megalopoli, si gode il sole d’inverno e il mare nei giorni in cui i romani non la invadono, si fa i selfie mentre a novembre gioca sulla spiaggia e o ad aprile si abbronza e alla fine pensa, come Daniele De Rossi, che nonostante Commodo, Alessandro VI, Romina e Debora non ci sia niente (o quasi) di più bello della sua Ostia.