Roma, dai certificati al funerale «Ecco le tariffe del pizzo»

Roma, dai certificati al funerale «Ecco le tariffe del pizzo»
di Alessia Marani
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Sabato 14 Maggio 2016, 09:18 - Ultimo aggiornamento: 09:34

«La mazzetta per il certificato di morte? Più che una tangente era una mancia, 'sta storia andava avanti da anni, da sempre. Fino a tre certificati non si pagava niente, poi per averne quattro o cinque si davano i 5 euro per il favore. Lo facevano tutti, funzionava così e basta». Fuori dall'Ufficio denunce di morte di via del Verano gli operatori delle agenzie funebri ammettono quella che era la “prassi”, smascherata a gennaio dalle telecamere di “Striscia la notizia” e costata il posto di lavoro a tre dipendenti comunali: all'ex responsabile del servizio, F. S., e ad altri due impiegati, un uomo e una donna, tutti licenziati in tronco dopo il trasferimento forzato all'“Ufficio certificati per corrispondanza” di via Petroselli.

LE MAZZETTE

Nessuno vuole metterci la faccia, lasciare il proprio nome e cognome, ma il coro è pressoché unanime tra gli habitué di via del Verano 80, un po' rassegnati, un po' convinti che “ungere” sia l'unico modo per non incappare in intoppi sul lavoro: «Quelli si prendevano i 5 euro, ma è niente paragonato a quello che succede dentro al cimitero. Lì per muovere una foglia, le “mance” sono ben più pesanti. È lì che girano i soldi veri». «Mica solo al Verano - precisa meglio il titolare di un'impresa funebre mentre lascia l'obitorio - anche a Prima Porta non scherzano». Un business dai grandi numeri quello del caro estinto, che non ha mai smesso di alimentare sciacalli. Basti pensare che all'Ufficio morti, come è stato ribattezzato, vengono registrati 100 decessi al giorno. «Noi non abbiamo mai dato mance a nessuno - dice Luigi P. che ha il negozio, ex Zazza, ora Moresca, proprio di fronte all'ingresso dell'ufficio finito nella bufera - non è nostro costume. Probabilmente c'è chi si è spinto oltre al semplice offrire un caffè per una cortesia fatta dal dipendente. L'impressione è che questa storia sia stata gonfiata». Alle onoranze funebri Lorenzetti i tre addetti in giacca e cravatta tagliano corto: «Noi ci avvaliamo di un centro servizi per il disbrigo delle pratiche».

L'INCHIESTA

“Mance” in cambio di “favori”. Ma il confine tra la mancia e il “pizzo” è talmente labile che la Procura ha aperto un'inchiesta per corruzione. Il sistema avrebbe fruttato ai tre impiegati che prendevano soldi per rilasciare documenti che il Campidoglio fornisce gratuitamente, un bonus dai sei agli ottomila euro al mese oltre allo stipendio. Il licenziamento «per giusta causa» è stato firmato due giorni fa al termine del procedimento disciplinare avviato subito dopo la messa in onda del servizio televisivo «Mors tua, mazzetta mea» in cui un ex dipendente delle pompe funebri svelava l'ingranaggio e le telecamere nascoste avevano filmato il passaggio di mano del denaro agli sportelli. Per il commissario straordinario Francesco Paolo Tronca, intenzionato a usare il pugno duro contro i dipendenti “infedeli”, non c'è stato nemmeno bisogno di aspettare l'esito dell'inchiesta penale. L'attenzione degli inquirenti di piazzale Clodio sarebbe rivolta soprattutto verso uno degli indagati e non è escluso che il pm Roberto Felici cambi l'ipotesi di reato in concussione. L'inchiesta poi si potrebbe allargare all'ospedale Sant'Eugenio dove, sempre Striscia, aveva ripreso un uomo mentre richiedeva 10 euro a certificato nella camera mortuaria.
 

UFFICIO “CHIACCHIERATO”

I tre impiegati mandati a casa sono tutti di lungo corso, la donna era vicina alla pensione. «Non sta bene - racconta chi la conosce - ha ricevuto la notizia in ospedale». Nei corridoi di via Petroselli il licenziamento suona come una doccia gelata. «I tre si aspettavano un provvedimento esemplare - dicono alcuni amici - pensavano che da questo lunedì sarebbe scattata una lunga sospensione, invece è stata sentenziata la misura più dura. È come se in un processo invece dell'ergastolo fosse applicata la pena di morte». Gli umori, all'Anagrafe, sono contrastanti: «In fondo non hanno rubato, piucchealto è un danno di immagine. Neanche Nello Nasso, l'ex dirigente arrestato per avere messo su un'anagrafe parallela, fu licenziato». Un'impiegata commenta: «Se hanno sbagliato è giusto che paghino». Qualcuno lo ammette: «Quel settore era chiacchierato, si diceva che all'Ufficio morti girassero soldi, ma erano solo voci». Fino a gennaio.