Tfr, grana per i comunali «Una quota è da restituire»

Tfr, grana per i comunali «Una quota è da restituire»
di Valentina Errante
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Lunedì 3 Dicembre 2018, 08:48 - Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre, 08:05
Contrordine. La buona notizia per il Comune di Roma (ma anche per tutte le pubbliche amministrazioni) arriva dalla Corte Costituzionale: la trattenuta di 2,50 euro, applicata sulle buste paga dei dipendenti assunti dopo il 31 dicembre 2000, è legittima. Il Campidoglio non dovrà restituire circa tre milioni di euro ai 941 creditori che, sulla base di una sentenza del Tribunale del Lavoro, battevano casa. Anzi chi ha già ottenuto quei soldi, attraverso il pignoramento dai conti del Campidoglio, dovrà restituirli. Al centro della questione c'era l'interpretazione del decreto della presidenza del consiglio dei ministri che, dopo la riforma del 98, disciplinava trattenute a fini previdenziali e del trattamento di fine rapporto a carico del lavoratore. Con un prelievo di circa 35 euro all'anno, ossia trattenendo una piccola quota del Tfr corrispondente al contributo previdenziale obbligatorio soppresso.



LA VICENDA
La prima sentenza del tribunale del Lavoro di Roma era arrivata più di un anno e mezzo fa. In giudizio si erano costituiti circa 240 dipendenti del Campidoglio, chiedendo la restituzione della trattenuta illegittima. E i giudici gli avevano dato ragione. Il Comune si era rivolto alla Corte d'Appello per sospendere l'esecuzione del pignoramento sui conti correnti, disposto per accantonare le somme da restituire alle centinaia di dipendenti. Nel ricorso sosteneva di essere «in difficoltà», tentando invano di far leva sull'«impatto che l'esecuzione, data l'estesa platea dei dipendenti che hanno vinto la causa, sortirebbe sulle casse». Giustificazione bollata dai giudici come «generica».

LA CONSULTA
La Consulta era stata chiamata a pronunciarsi dal Tribunale di Peurgia al quale si erano rivolti alcuni dipendenti della Provincia e dell'Arpa umbri. Nel giudizio si era costituito anche l'Inps, chiamato a erogare i trattamenti di fine rapporto finiti al centro della questione e, soprattutto, soggetto in causa, dal momento che le amministrazioni, nell'ipotesi di accoglimento da parte dei Tribunali delle istanze dei dipendenti, si sarebbero potute costituire in un successivo giudizio, per ottenere la restituzione delle somme versate proprio all'ente di previdenza. Lo scorso 22 novembre è arrivato il verdetto: la Corte ha stabilito che la piccola trattenuta è legittima, ponendo fine ai contenziosi aperti nei Tribunali di tutt'Italia e dando una boccata di ossigeno al Comune di Roma, che adesso potrà ottenere la restituzione delle somme già intascate dai dipendenti.
Secondo i giudici costituzionali, la decurtazione della retribuzione lorda ai fini fiscali si prefiggerebbe di evitare disparità di trattamento tra lavoratori in regime di Tfs (ossia quelli assunti prima del 31 dicembre 2000) e lavoratori in regime di Tfr. Il regime Tfr altrimenti si rivelerebbe più vantaggioso rispetto al regime Tfs. Il primo, infatti, si incrementerebbe con un tasso superiore all'inflazione e la decurtazione della retribuzione lorda sarebbe poi recuperata in aumento ai fini previdenziali. Dunque, la trattenuta di 2,50 euro non sarebbe un contributo previdenziale obbligatorio, ma l'unico strumento adeguato a evitare un indebito vantaggio per il personale in regime di Tfr. Ciò garantirebbe il principio dell'invarianza della retribuzione, riconducendo a eguaglianza i regimi retributivi e contributivi e scongiurando nuovi oneri a carico del bilancio statale. Senza la decurtazione, spiegano i giudici, si determinerebbe un aumento della retribuzione lorda ai fini fiscali e, in pari tempo, della retribuzione netta. Circostanza che determinerebbe una disparità fra dipendenti della stessa amministrazione con un'identica retribuzione complessiva, in contrasto con il principio di parità di trattamento contrattuale e retributivo dei lavoratori delle pubblica amministrazione che svolgano eguali mansioni.
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