LA MINACCIA
Il caso più clamoroso è quello di Rita D.S., testimone in un processo connesso, quello contro Roberto Spada per la testata a due inviati Rai. Cinque giorni prima di presentarsi in aula davanti al pm Giovanni Musarò, qualcuno a Ostia ha bruciato la roulotte dove vive suo figlio. Risultato: la donna non ha intenzione di farsi vedere in tribunale. Tanto che il pm, per la prossima udienza, ha dovuto disporre l'accompagnamento coatto. Nel maxiprocesso di Rebibbia, Rita è una delle parti lese: Roberto Spada si sarebbe impossessato della casa popolare dove la donna viveva. Nonostante questo, ieri non ha nemmeno fatto capolino nell'aula bunker.
GLI IMPUTATI
In tutto, sul banco degli imputati sono in 24, quasi tutti collegati in videoconferenza dai rispettivi penitenziari e accusati a vario titolo di associazione mafiosa, omicidio, usura, traffico di droga ed estorsione. I vertici del clan sono Carmine Spada, detto «Romoletto» e, appunto, Roberto. Alla sbarra anche vecchie glorie della criminalità romana, come «il Negro», Roberto Pergola, negli anni 70 vicino alla Banda della Magliana. Ieri sono state ammesse fra le parti civili il Comune di Roma, la Regione Lazio, le associazioni Antonino Caponnetto, Libera e Ambulatorio Antiusura onlus.
«Sono quattro cazzari», ha minimizzato l'avvocato Giosuè Bruno Naso, difendendo i suoi tre assistiti. «Ostia deve fare breccia nel muro di omertà», ha detto invece l'avvocato Giulio Vasaturo, legale dell'associazione Libera.
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