Roma, «Compagni addio», Pd moroso: chiude lo storico circolo di via dei Giubbonari

Roma, «Compagni addio», Pd moroso: chiude lo storico circolo di via dei Giubbonari
di Lorenzo De Cicco
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Sabato 22 Ottobre 2016, 08:21 - Ultimo aggiornamento: 23 Ottobre, 15:33

«Vi vedo un po' tristi», esordì Silvio Berlusconi quando da presidente del Consiglio - era l'ottobre del 2008 - passeggiando tra le vie del centro di Roma fece capolino nella storica sede dei «comunisti». «Niente affatto», risposero all'epoca i militanti della sezione di via dei Giubbonari (anche se solo un attivista si rifiutò di stringere la mano al Cavaliere: «Presidente, sono juventino», rispose per giustificarsi). Non ha invece problemi a definirsi «triste» (e «amareggiata»), oggi, la segretaria del più antico circolo della sinistra romana, nato con il Pci nel 1946 e poi transitato nelle varie trasformazioni dal Pds ai Ds fino al Pd. Giulia Urso ieri ha mattina scritto una lettera ai suoi 480 tesserati per annunciare la resa. Compagni addio, si chiude.

IL GIORNO DEI MORTI
Quando? L'uno o due novembre, il giorno dei morti, coincidenza di certo apprezzabile per chi coltiva il gusto del grottesco. Le ragioni sono note. La «Stalingrado» del centro di Roma che ha annoverato tra i suoi iscritti storici il gotha di Botteghe oscure, da Togliatti a Ingrao a Giorgio Napolitano (più recentemente hanno preso la tessera qui Fabrizio Barca, Monica Cirinnà e altri parlamentari), il luogo scelto da Bersani per festeggiare la caduta del Cavaliere, è sotto sfratto da un anno. Da quando sono partiti gli accertamenti sugli affitti stracciati dei beni di proprietà del Comune, e si è scoperto che la sezione Pd dietro Campo de' Fiori era morosa per oltre 170mila euro. Ad aprile è arrivata la sentenza del Tar, che ha confermato lo sgombero deciso dal Comune. Le ultime resistenze si sono infrante poche settimane fa, davanti al Consiglio di Stato: ricorso respinto.
E allora giù la serranda: «Consegniamo le chiavi, ce ne andiamo da abusivi». D'altronde l'unica concessione mai rilasciata era del 1946, quando il Campidoglio requisì la vecchia casa del fascio e la donò al Pci. Un atto simbolico, tanto che la concessione prevedeva una durata di un anno appena. Invece ne sono passati settanta. «Qualche militante vorrebbe fare resistenza- ammette la responsabile del circolo - Ma che senso avrebbe?». L'ultima assemblea - il dibbbattito, per dirla con Moretti - è in programma mercoledì. Dovrebbe affacciarsi anche il commissario del partito, Matteo Orfini, spiegano gli attivisti, «dobbiamo prendere decisioni importanti».

«CHE FARE?»
Perché resta un interrogativo reso famoso da Altiero Spinelli sul Pci: «Che fare?». Trapiantare gli iscritti in un altro circolo del centro storico? Affittare una nuova sede? «Stiamo cercando un nuovo spazio», dice combattiva la segretaria Giulia Urso. Ma c'è anche il sogno di riuscire a riconquistare, un giorno, l'avamposto perduto: «Qui vogliamo tornarci, partecipando al bando che il Campidoglio dovrà pubblicare, prima o poi». Per aderire alla procedura servirebbero le carte in regola... «Ma abbiamo già pagato 35mila euro di debiti! E siamo disponibili a saldare anche gli altri, certo i 170mila euro quantificati dal Comune sono un po' troppi...». Tra i militanti, per il momento, prevale la malinconia. «Anche noi, forse, abbiamo avuto delle responsabilità - dice uno degli iscritti più giovani, neanche 25 anni -. Ma il Campidoglio non ci ha mai voluto regolarizzare». Poi viene fuori l'orgoglio: «Questo non era un negozio, qui è stata fatta attività politica, culturale, momenti importanti. Qui è passata la storia». E la storia - sembra dire - ci assolverà. Forse.