Crollo chiesa San Giuseppe a Roma, Vicariato nel mirino: «Mancata verifica strutturale»

Crollo chiesa San Giuseppe a Roma, Vicariato nel mirino: «Mancata verifica strutturale»
di Laura Larcan
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Martedì 4 Settembre 2018, 07:02 - Ultimo aggiornamento: 07:36

La chiesa di San Giuseppe dei Falegnami comincia a fare i conti con i propri fantasmi. Soprintendenti, progettisti, direttori di lavori, che stanno finendo in queste ore sotto la lente d'ingrandimento dell'ispezione interna richiesta subito dal ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli. Tutto, per fare chiarezza e capire perché le travi di legno abbiano ceduto, facendo collassare quasi tutta la copertura della chiesa gioiello nel cuore di Roma. A cinque giorni dal disastro del crollo del tetto, mentre le squadre dei vigili del fuoco faticano in una corsa contro il tempo a mettere in sicurezza le pareti indebolite dalla voragine, finiscono nel mirino del ministro le carte dell'ultimo cantiere che ha coinvolto il complesso monumentale, che custodisce il leggendario Carcere Mamertino. Da un lato la Soprintendenza di Roma, in quanto responsabile sulla tutela della chiesa, ma diventa sempre più chiaro anche il peso del ruolo giocato dal Vicariato che ne è il diretto proprietario.

Carte alla mano, ecco il progetto di «restauro conservativo», dove l'ente «committente è la Chiesa», durato tra il 2013 e il 2015. Chi ha redatto il progetto? Chi lo ha autorizzato? All'epoca (prima della riforma dei Beni culturali) era la Soprintendenza per i Beni Architettonici di Roma ad autorizzare nel giugno del 2012 il progetto dei tecnici del Vicariato. Una prassi di routine in casi di cantieri privati e autonomi che riguardano beni sottoposti a vincolo, visto che all'ente ministeriale spetta l'alta sorveglianza. Le carte del cantiere chiariscono l'inizio dei lavori (14 marzo 2013) con l'impresa appaltatrice Gherardi, poi fallita e acquisita dalla Aspera.

La fine, prevista per il 14 agosto 2014, slittava al 2015, con la firma del collaudo ad ottobre del 2015. Una soprintendenza che nel giro di ventinove mesi cambiava tre dirigenti (Pierdominici, Bureca, Codello). Chi controllava che i lavori approvati venissero eseguiti era l'ingegnere Franco Formosa, funzionario di zona della Soprintendenza. «Ingegnere esperto», lo definiscono al ministero, poi andato in pensione. Il Vicariato, come ente autonomo, aveva incaricato i suoi tecnici progettisti, gli architetti Giorgio Crocetta e Felicia Fezzuoglio, mentre il direttore dei lavori era Stefano Di Stefano. A Gaetano Correra la direzione del cantiere. Staff reclutato dal Vicariato. Come spiega Alex Amirfeiz, titolare della Aspera, «I lavori progettati e autorizzati riguardavano solo lavori conservativi». In sostanza, verifiche strutturali sul tetto malato non sono state mai fatte. Lo dimostra anche il finanziamento complessivo di 534mila euro.

LA DISINFESTAZIONE
E soprattutto lo dimostra il fatto che il progetto redatto dal Vicariato non prevedeva operazioni di disinfestazione da parassiti del legno. Già, i parassiti. Perché l'ipotesi del tarlo resta in auge al cospetto delle travi collassate. Gli esperti architetti azzardano un possibile identikit della cosiddetta lacrima lacrimans, «un parassita che mangia solo la parte centrale della trave lignea lasciando intatta la parte esterna. Insomma riduce il legno ad una specie di scatola di cartone: a vista sembra intatto e solo con indagini accurate si riesce a capire la condizione interna».
Intanto ieri il ministro Bonisoli ha voluto vedere con i propri occhi la messa in sicurezza provvisoria della chiesa. «Non sono di buonumore», ha subito commentato. Vuole vederci chiaro nel disastro, ma vuole anche accelerare sull'emergenza dello stato di salute delle chiese: «Abbiamo già cominciato a lavorare con il Vicariato e quello che manca è trovare formule moderne e snelle per coordinarci. Cominciamo subito con un tavolo tecnico su Roma, e poi passeremo a tutte le città».
 

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