Carminati lascia il 41 bis. Buzzi punta ai domiciliari

Carminati lascia il 41 bis. Buzzi punta ai domiciliari
di Valentina Errante
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Sabato 22 Luglio 2017, 10:01
Massimo Carminati sarà un detenuto comune. La settimana prossima il ministro della Giustizia Andrea Orlando dovrebbe firmare il decreto che consentirà al Nero di lasciare il carcere duro previsto per gli imputati di associazione mafiosa. Se non avverrà automaticamente gli avvocati Giosuè Bruno e Ippolita Naso sono pronti a rivolgersi al Tribunale di sorveglianza. E intanto Salvatore Buzzi, dopo la derubricazione del reato di associazione mafiosa in semplice associazione a delinquere, punta ai domiciliari.

Per capire perché la mafia di Roma, «originaria e originale», sia stata bocciata dal Tribunale, bisognerà aspettare l'autunno, ma il dispositivo offre già alcuni elementi per ipotizzare quale valutazione sia stata fatta dalla Corte: le pene per politici e funzionari a processo, escludendo gli imputati che facevano parte dell'associazione a delinquere, sono cresciute rispetto alle richieste dell'accusa. Per il Collegio, le responsabilità dei pubblici ufficiali sono più pesanti di quanto la procura non abbia valutato. Il caso di Luca Odevaine è il più eclatante, ma non è il solo.

IL CARCERE DURO
Gli avvocati di Carminati attendono che il Dap invii al ministero la relazione che consenta al Nero di lasciare il regime di carcere duro al quale è sottoposto a Parma. Poi sarà il ministro Orlando a firmare il decreto, tutto dovrebbe avvenire in tempi stretti, già la prossima settimana. L'avvocato Alessandro Diddi, difensore di Buzzi, invece annuncia che lavorerà per fare ottenere al re delle coop i domiciliari, dopo circa due anni e mezzo di carcere preventivo.

Intanto sembra escluso che i cinque imputati ancora in carcere, oltre a Buzzi e Carminati, Fabrizio Testa, Riccardo Brugia e Matteo Calvio, possano tornare liberi per decorrenza dei termini di custodia cautelare. La deadline è aprile 2019, i tempi sono larghi. Se l'appello per mafia capitale non comincerà entro questa data, le porte del carcere si spalancheranno. Prima di allora Buzzi, Carminati, Testa, Brugia e Clavio potrebbero tornare in libertà su decisione del Tribunale di sorveglianza, ma sembra un'ipotesi remota. Neppure la derubricazione del reato da 416 bis a semplice associazione mafiosa consente agi principali imputati del processo di tornare a casa.

IL RICORSO
L'aumento di pena più consistente è quello del componente del tavolo per i Rifugiati, Luca Odevaine, condannato a otto anni in continuazione con la pena patteggiata. Per lui la procura aveva chiesto due anni e mezzo. Nell'elenco degli imputati con condanna lievitata ci sono anche l'ex presidente del Consiglio Comunale Mirko Coratti, per il quale i pm avevano chiesto una pena di quattro anni e sei mesi, è stato condannato a sei, per il suo capo segreteria, per Claudio Turella l'ex funzionario del servizio Giardini, a fronte di una richiesta di sette anni di carcere, è arrivata una condanna a nove. Per Pierpaolo Pedetti, presidente della commissione Patrimonio del Comune, si passa da una richiesta di pena di quattro anni a una condanna a sette, anche per il presidente del decimo municipio, Andrea Tassone, la pena è più alta della richiesta: cinque anni a fronte di quattro. Lo stesso per il dipendente della Regione Guido Magrini, quattro anni la richiesta e cinque la condanna L'unica eccezione è quella del consigliere di Forza italia Giordano Tredicine, condannato a tre anni, la procura ne aveva chiesti quattro. Non è soltanto caduta l'associazione di stampo mafioso, riqualificata in semplice associazione a delinquere dal dispositivo, letto in aula dal presidente del Tribunale Rosanna Ianniello, emerge così un altro dato significativo, che sarà certamente chiarito nelle motivazioni, ma induce già a pensare a una diversa valutazione del ruolo di dirigenti e politici tra pm e Tribunale.