I COSTI
Accanto alle risorse dell'emergenza, infatti, ci sono costi di gestione pagati attraverso canali ordinari. Nel 2013 al Comune la gestione delle popolazioni nomadi - 8mila persone di cui più della metà sono bambini - è costata circa 24 milioni di euro. Una cifra spesa quasi unicamente per amministrare le diverse strutture che si estendono per 157.570 metri quadrati: 22 volte il campo di calcio dello stadio Olimpico. Mentre solo lo 0,4 per cento dei fondi è stato utilizzato per l'inclusione sociale e il 13,2 rivolto ad interventi di scolarizzazione. Per la gestione degli 8 villaggi della solidarietà (cioè i campi considerati regolari) presenti a Roma: Lombroso, Candoni, Gordiani, Cesarina, Camping River, Castel Romano, Salone, La Barbuta il Comune ha speso più di 16 milioni di euro. Senza dimenticare via Salviati (1 e 2).
Tra questi, il campo di Castel Romano, dove risiedono 989 rom, risulta il più costoso: oltre 5 milioni di euro nel solo 2013. «Ci vogliono soluzioni abitative extra-campo, finalizzate all'inclusione sociale - spiegano dall'associazione 21 Luglio - già attuate in altre città, come Messina e Padova, dove, grazie a progetti di autorecupero e autocostruzione, si spenderanno in 5 anni rispettivamente 10 mila euro e 50 mila euro per una famiglia rom di 5 persone. A Roma, la stessa tipologia di famiglia che vive nel campo de La Barbuta costa alle casse comunali 155 mila euro in cinque anni». Ma una cosa è certa, per gestire l'integrazione rom servono progetti mirati, non protocolli bilaterali firmati per salvarsi la coscienza. Risultato: ci sono oltre duecento micro e medi insediamenti che appaiono e scompaiono. Prima dell'estate (tanto per rendere l'idea) sul territorio romano risultavano 8.400 nomadi. Oggi due, tre mila anonimi sono sparsi in accampamenti spontanei. E di tanti altri non si conosce nemmeno l'esistenza. La situazione è sotto gli occhi di tutti: fuori controllo.