Roma, baby gang a Corso Trieste, genitori contro gli agguati: «Difendiamo i nostri figli»

Roma, baby gang a Corso Trieste, genitori contro gli agguati: «Difendiamo i nostri figli»
di Laura Bogliolo
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Mercoledì 4 Luglio 2018, 08:13
Rinchiuso per un'ora nel cofano di una minicar e portato in giro per il quartiere con il rischio di soffocare. È accaduto due volte. Aggredito, rapinato e picchiato da cinque ragazzini, ha riportato la frattura di un dito e una prognosi di 15 giorni. Poi ci sono altri: presi a testate, minacciati con coltelli. Le vittime sono minorenni, gli aggressori pure. «Ci sono 4-5 branchi, difficili identificarli». Le prede delle baby gang sono ragazzini che tornano da una serata, il teatro degli agguati è il quartiere Trieste che ha registrato un picco di aggressioni la primavera scorsa. Ma i pestaggi continuano e i genitori delle vittime dicono «basta» e hanno deciso di creare il Comitato genitori insieme, per la sicurezza e la vivibilità del quartiere.
Settanta famiglie unite con un unico obiettivo: «Rendere più efficiente la sicurezza del quartiere per i nostri figli». Sono in collegamento tra una chat e una mailing list, si segnalano le aggressioni e i pericoli. Un tam tam che cerca di tutelare l'incolumità dei ragazzi.

Giorni fa i genitori si sono riuniti in un locale della parrocchia San Giuseppe sulla Nomentana, tra loro c'erano le famiglie dei ragazzi che negli ultimi mesi hanno subito agguati. «Molti di noi hanno vissuto bruttissime esperienze - racconta Silvia S., mamma e vicepresidente del comitato - mio figlio di 15 anni a marzo è stato rapinato e picchiato, è stato tremendo». Dicono «basta» agli agguati, alla violenza e chiedono maggiore sicurezza. «Faremo una mappa dei luoghi più pericolosi, quelli nei quali ci sono state aggressioni» continua Silvia. Le aree rosse sono piazza Caprera, piazza Mincio, piazza Annibaliano e i parchi.

I PERICOLI
«Tutti i parchi sono luoghi terribili, molto pericolosi» dicono i genitori. Agguati a villa Chigi o nel Parco Nemorense, storici parchi caduti nel degrado da mesi ormai. Tra gli obiettivi del comitato una maggiore sorveglianza attraverso pattuglie delle forze dell'ordine, l'installazione di un sistema di telecamere. Si parla anche di un ciclo di incontri organizzato in collaborazione con le forze dell'ordine nelle scuole per sensibilizzare i giovanissimi e dare consigli. «Urlare, scappare, chiamare il 112 ed non farsi avvicinare da coetanei, purtroppo deve passare il messaggio della diffidenza tra coetanei» spiega Silvia, rammaricata. Provano rabbia, molta, i genitori che si sono riuniti nel comitato «soprattutto per le pene irrisorie che vengono inflitte agli aggressori nel caso siano minorenni». L'affidamento ai genitori, ad esempio, o restare chiusi in casa per qualche giorno. «Di certo provvedimenti del genere non scoraggiano le violenze» aggiunge la mamma.
La situazione è così preoccupante che si teme anche di denunciare. «Il comitato vuole tutelare le vittime, non lasciarle sole, per questo pensiamo a denunce collettive che non mettano a rischio il minore e non lo espongano alle vendette del branco». Tra le ipotesi in ballo c'è anche quella di un servizio di assistenza psicologica. «La situazione è molto preoccupante - dice don Piero, il parroco di San Giuseppe - molti casi hanno riguardato anche nostri parrocchiani».
 
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