Roma, donna trascinata dalla metro: «Avevo un vestito sgargiante impossibile non notarmi, ora qualcuno deve pagare»

Roma, donna trascinata dalla metro: «Avevo un vestito sgargiante impossibile non notarmi, ora qualcuno deve pagare»
di Alessia Marani
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Giovedì 15 Febbraio 2018, 07:44
«Quell'uomo mi ha distrutto la vita e alla fine dovrà pagare, così come l'Atac. Ormai, purtroppo, non si può più tornare indietro». È una sofferenza senza fine quella di Natalya Garkovich, 43 anni, bielorussa, ex avvocato di diritto internazionale a Londra, che nel luglio scorso venne trascinata per 80 metri da un convoglio della metro B. Non può più camminare e masticare (i denti le sono saltati), le fratture al bacino le pregiudicheranno persino di diventare madre. «Sono distrutta come persona e umiliata come donna». È decisa ad avere giustizia e parla assistita dal suo avvocato, Romina Ascani, e dalla sorella Olga, inseparabile, che era venuta a trovare in Italia.
La perizia della Procura sminuirebbe le responsabilità del macchinista.

«Assurdo. Di questa perizia non so nulla. C'è il video che è talmente chiaro: con che faccia si può affermare il contrario?».

Secondo i periti il conducente nel momento esatto in cui il treno era fermo in stazione non stava mangiando.
«Se tu sei in servizio e guidi una metropolitana che trasporta centinaia di vite umane e mangi, è una forte negligenza. Basta un attimo, un secondo perché accada di tutto, chi è in cabina di comando non può permettersi il lusso di mangiare o essere distratto».

Dicono che quel giorno lei indossasse abiti chiari e che la sua figura non fosse ben visibile.
«Ridicolo. Possono pure dire che io non sia mai esistita allora. Ma il video dice tutto: avevo dei pantaloni di un verde quasi azzurro molto acceso, direi sgargiante. Come si fa a dire che non ero visibile? Poi ero l'unica rimasta in banchina, non poteva non vedermi».

Pare che dagli specchietti non si vedesse la coda del treno.
«Lo scandalo è che la Procura non abbia sequestrato il treno subito dopo l'incidente ma solo a tre giorni di distanza. In quei tre giorni può essere sparita o essere stata manomessa qualsiasi prova, non lo sapremo mai».

Non crede a questa perizia?
«Potrei pensare che a sostenerla siano i periti di parte, ma mai la consulenza della Procura. Il giudice ha il video, ci sono le testimonianze, non vedere quei pantaloni, per esempio, era impossibile».

Lei e sua sorella pensate che vogliano insabbiare l'inchiesta?
«Spero di no, ma in caso siamo pronte a ricorrere in tutte le sedi».

Ti hanno aiutata in questi mesi così difficili?
«Sono molto giù, vorrei solo tornare a vivere come prima ma non potrò mai. Né il Comune, né Atac si sono fatti mai vivi. Neanche un fiore dal macchinista».

Si può quantificare il suo dolore?
«No, è impossibile. Il professore di Medicina legale Agostino Messineo pensa che il danno si possa aggirare sui 600/700 mila euro. Ma è nulla in confronto a quest'inferno».
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