Auto impazzita sui pedoni, uno dei fermati: «Tre urti poi lo schianto, ma non guidavo io»

Auto impazzita sui pedoni, uno dei fermati: «Tre urti poi lo schianto, ma non guidavo io»
di Marco De Risi e Paola Vuolo
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Venerdì 13 Dicembre 2013, 09:52 - Ultimo aggiornamento: 14 Dicembre, 12:14

Sono stato preso dal panico, avevo paura di venire incolpato dell’incidente e sono scappato.

Emanuele si è costituito, ieri mattina, dopo una lunga trattativa con un agente della polizia municipale del gruppo della sicurezza urbana guidato da Maurizio Maggi. Il terzo passeggero dell’Audi TT, che sabato scorso si è schiantata contro una fermata dell’autobus sulla Palmiro Togliatti travolgendo e ferendo cinque persone, ha passato i suoi giorni da fuggiasco dormendo nelle stazioni e nascondendosi a Civitavecchia, a casa di un amico. Emanuele, 32 anni, si trovava in macchina con la sua amica Jessica e con Ioanela Dospinescu, 25 anni, la romena che guidava ed ora è agli arresti domiciliari. Emanuele non conosceva Ioanela, lui dice di non ricordare neppure il suo nome, che forse si chiamava Cristina, ed è salito sull’Audi solo per seguire Jessica. Il giovane racconta che prima hanno fatto un giro per Tivoli, dice che Ioanela si è avvicinata ad un ragazzo con la testa rasata che portava a spasso un cane. Si riferisce al fidanzato della romena, l’Audi era sua, il giovane di Sacrofano l’aveva chiesta in prestito a suo padre per andare da Ioanela. «Ora torniamo», ha detto la romena al fidanzato.

IL RACCONTO

«Ci siamo allontanati da Bagni di Tivoli - continua Emanuele percorrendo strade che non conoscevo, fino ad arrivare sulla Palmiro Togliatti. Arrivati all’incrocio con via Prenestina il semaforo era rosso, scattato il verde abbiamo attraversato l’incrocio e dopo circa 100 metri ho sentito un urto sulla fiancata destra. Mi sono preoccupato per Jessica, poi sono seguiti altri tre urti, infine siamo finiti contro il muro. Le ragazze sono scese subito dall’auto, io ho abbassato lo schienale e sono uscito dal lato destro. Ho girato intorno al veicolo e mi sono accorto di una signora che era a terra, parlava con la madre al telefono. Sono tornato indietro e ho visto una Smart, l’auto era rimasta coinvolta nell’incidente, dentro c’erano due persone, forse erano stranieri, per fortuna non erano feriti gravemente. Mi sono avvicinato a Jessica, le sanguinava la bocca, Ioanel zoppicava. Mentre cercavamo di renderci conto dell’accaduto, ho visto dei lampeggianti che si avvicinavano, erano i soccorsi, mi sono girato per cercare le ragazze, ma loro erano sparite. La strada si stava riempendo di persone, sono stato preso dal panico, temevo di essere incolpato dell’incidente e sono scappato».

LA FUGA

Emanuele ricorda di avere provato a chiamare Jessica, ma lei non ha risposto, poi dice che per non essere rintracciato si è tolto il giubbotto nero e ha spento il telefonino, poi ha preso un autobus ed è tornato a casa. «Io non ero consapevole che fosse accaduto qualcosa di realmente grave - dice il giovane - ci eravamo accertati che le persone stavano bene, anche se ero cosciente del fatto che avevamo sbagliato ad allontanarci dal luogo dell’incidente. Il giorno successivo, dal telegiornale ho saputo che l’incidente in cui eravamo coinvolti era stato attribuito ad un uomo ed una donna, sono andato via da casa e ho lasciato lì anche il telefonino spento. Sono stato da alcuni amici a Civitavecchia senza raccontare nulla. Ho continuato a girovagare, ho dormito nelle stazione dei treni, poi sono tornato solo ieri sera a casa». Emanuele dice che lunedì scorso, il giorno che è stata rintracciata Jessica alla Garbatella, lui era lì, ma poi ha visto arrivare i vigili e si è dileguato.

LA TELEFONATA

«La mattina successiva ho letto le notizie sui giornali e ho deciso di chiarire la mia posizione. Ho telefonato, l’agente con cui ho parlato mi ha tranquillizzato e ho deciso di costituirmi». Emanuele rischia, come Jessica, una denuncia per omissione di soccorso.

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