«Allora, l'espressione Aho! in questa aula non si usa». Facciano bene attenzione i consiglieri capitolini a quel che dicono e soprattutto al modo in cui lo dicono: nell'Aula Giulio Cesare non tutte le esclamazioni sono tollerate. «Aho!» è da bandire, la nuova “regola” - o meglio la raccomandazione - è stata comunicata ieri dal presidente dell'assemblea capitolina, Marcello De Vito. In Aula stava per mancare il numero legale durante una votazione, c'è stato qualche attimo di confusione, una piccola bagarre interrotta dal diktat di De Vito. Niente più «Aho!».
Nel galateo pentastellato - almeno in Campidoglio - non sono gradite espressioni che possono tradire insolenza o peggio mancanza di riguardo nei confronti dei colleghi. «Aho!» è tra queste. Che in tanti modi può essere tradotto, dipende dall'intonazione: che stai a dì?, fai silenzio, levate!, ma chi ti credi d'essere? dico a te. Chissà cosa intendeva il consigliere che ieri in Aula ha urlato «Aoh!», magari niente di tutto questo.