Ater, il racket degli alloggi, il condannato per mafia: «C'ho in mano tutta Roma»

Ater, il racket degli alloggi, il condannato per mafia: «C'ho in mano tutta Roma»
di Sara Menafra
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Sabato 22 Settembre 2018, 07:58 - Ultimo aggiornamento: 24 Settembre, 17:56

A gestire la «listarella» della case Ater da occupare a suon di pagamenti a dipendenti infedeli, c'era anche un «pluripregiudicato» arrestato per mafia (non è chiaro come sia finita nel corso dei processi): Romeo Carbone, figlio del più noto Armando che all'epoca aveva rapporti con la Banda della Magliana e con organizzazioni di estrema destra. Romeo, oggi quasi cinquantenne, sa il fatto suo. Nell'informativa conclusiva dell'inchiesta guidata dal pm Francesco Dall'Olio, che la scorsa settimana ha portato all'arresto di sei persone per corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio, tra i quali tre dipendenti Ater, appare indagato come occupante abusivo.

«C'HO TUTTA ROMA IN MANO»
Carbone, scrive la polizia, «fungeva da collegamento per individui che necessitassero di alloggi Ater». Il dipendente Ater Emanuele Giuliani gli dava la lista delle case da occupare e Carbone pensava al resto: far prendere l'immobile all'interessato e passare il pagamento al socio. Una «listarella» dicono i due nelle intercettazioni, che potrebbe contare fino a «400 case». Giuliani e Romeo si intendono perfettamente. Nel 2015, il dipendente Ater è esplicito: «Io c'ho tutta Roma in mano, famme venì persona per persona, ce devo pija 2000 enro? So' 1000 mia e 1000 tua!» e Romeo risponde «s'encontramo, signori ce sta questo prodotto! Ve interessa? Sì! Non ve interessa? No! Arrivederci! Hai capito come?». Tra gli aiutanti c'è anche un altro pregiudicato, Carlo Daneluzzi, classe 1965, arrestato nel 2007 perché faceva avere hashish e cocaina a personaggi che abitano in zone centrali, qui indagato solo per occupazione abusiva. A proposito di una casa popolare in viale Marco Polo che, stando alle accuse, sarebbe stata presa con l'aiuto di Daneluzzi, Giuliani, che non riceve la sua parte, si lamenta: «Ma famme capì ma chi è Ater Roma, io o lui? Chi è?».

LE VISITE NELLE CASE
Gli arrestati non si facevano scrupoli quando c'era una casa da occupare o assegnare a chi non aveva i requisiti. A ottobre, sempre del 2015, il gruppo che include anche il dipendente comunale Giovanni Mastrodascio si preoccupa di dar via rapidamente «'a casa de Claudio», un assegnatario Ater appena morto. Per assegnare la casa al nipote, si sarebbe scritto negli atti che «gli faceva da badante». Vito Bucinnà, finito ai domiciliari, per assegnarla avrebbe chiesto diecimila euro e una intermediaria, S. F., specifica che serve «una cosa pure per loro perché dieci so solo de lui». Per ogni casa da assegnare a qualcun altro, scattava un sistema del tutto analogo alla compravendita legale degli appartamenti. L'assegnatario Ater disponibile alle visite e i dipendenti Ater e gli intermediari che organizzano e portano clienti. Una casa al Tufello riceve due visite nell'arco di un paio di giorni. Alla fine viene venduta dagli assegnatari per 30mila euro, venti per loro e dieci da spartire tra chi ha trovato il cliente e Bucinnà. Tutti i funzionari coinvolti nell'affare dell'Ater come del Comune (che si occupavano di modificare le residenze senza i dovuti controlli) si preoccupano di avere la loro parte. Al telefono, Giovanni Mastrodascio, ad un cliente che gli chiede di affrettare le pratiche per la ristrutturazione di un appartamento, ripete: «T'ho detto, è interesse mio pure perché devo magnà pure io ogni tanto eh!», ride.
 

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