Parentopoli Atac, i licenziati chiedono il Tfr

Parentopoli Atac, i licenziati chiedono il Tfr
di Lorenzo De Cicco
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Martedì 6 Giugno 2017, 08:14 - Ultimo aggiornamento: 7 Giugno, 19:15


Nell'Italia dove i bizantinismi spesso riescono a trionfare sul buonsenso - altrimenti c'è sempre un Tar a cui fare ricorso - anche i licenziati di Parentopoli, messi alla porta da Atac perché, come ha scritto il Tribunale di Roma, erano stati assunti dalla partecipata del Campidoglio «senza verificarne capacità, competenza e professionalità», ora possono riaffacciarsi ai cancelli di via Prenestina perché vogliono il Tfr. Alla malandata azienda comunale - 70 milioni in rosso nell'ultimo bilancio pubblicato, un debito da 1,3 miliardi - chiedono insieme al trattamento di fine rapporto anche tutte le altre «spettanze»: quindi il compenso per l'ultimo mese di lavoro (sono stati licenziati il 19 aprile), le ferie non godute, la quota parte della tredicesima maturata. A far di conto, quasi un milione di euro.

LA CONSULENZA
A quel punto la municipalizzata, guidata dall'amministratore unico Manuel Fantasia, ha messo in moto l'ufficio legale, che ha chiesto un parere a uno studio di avvocati esterno per capire come evitare di saldare ai licenziati il Tfr e tutto il resto. Va capito se quei soldi possano essere non pagati, perché i contratti firmati tra il 2008 e il 2010 sono stati dichiarati «nulli» dai giudici. «Ma se quel contratto è nullo, dovrebbero chiederci indietro anche tutti gli stipendi erogati in questi anni. E invece nessuno lo ha fatto», replica uno dei licenziati. Che ovviamente rivendica: «Quei soldi ci spettano». Tanto che, dopo avere già dato mandato agli avvocati per impugnare l'allontanamento, spedendo all'Atac una «diffida per l'immediato reintegro», ora i licenziati sono pronti a fare altrettanto anche per le spettanze non liquidate in busta paga.

«PROCEDURE ILLECITE»
Questo nonostante la VII sezione del Tribunale di Roma, condannando a marzo per abuso d'ufficio quattro ex dirigenti, abbia dichiarato che le procedure di assunzione siano state «non solo illegittime ma anche illecite». Secondo i magistrati sarebbero stati arruolati soggetti spesso «privi dei titoli di studio, ingaggiati solo perché collegati a determinati contesti politici o territoriali». Il tutto «senza preoccuparsi del fatto che il Comune di Roma avesse disposto il blocco delle assunzioni nelle municipalizzate, per il deficit di bilancio». I dirigenti condannati, secondo i giudici, avrebbero agito con «totale spregiudicatezza: non hanno esitato a riempire per anni le aziende, nei soli uffici amministrativi, di personale privo di adeguata qualificazione». Alcuni casi sono diventati tristemente famosi. Come l'ex cubista inquadrata nell'ufficio multe, anche se, hanno scritto i magistrati, «non è laureata in giurisprudenza e ha il profilo professionale di cameriera e hostess in discoteca». E poi bagnini che si erano tuffati in politica, segretarie, mogli e figli di politici e sindacalisti. E chissà se ora, nella richiesta di Tfr e ferie maturate, riceveranno la solidarietà di qualche corporazione interna.

 

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