Atac, ok dei giudici al concordato. L’ad Simioni: stretta sui finti malati

Atac, ok dei giudici al concordato. L’ad Simioni: stretta sui finti malati
di Lorenzo De Cicco
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Sabato 28 Luglio 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 29 Luglio, 19:13

«Simioni non parla mai», dice chi lo conosce. E infatti in questi mesi di burrasca per l’Atac, Paolo Simioni non è mai intervenuto nel chiasso delle polemiche. Ora che i giudici hanno ammesso l’azienda al concordato, il manager veneto nominato presidente e ad esattamente un anno fa, è pronto a dire la sua.

Allora Simioni, è vero che quando è arrivato all’Atac non si riuscivano a pagare gli stipendi?
«Sì, la situazione era disastrosa, la società era in gravissima crisi e ne veniva annunciato il fallimento. Dopo il pignoramento dei conti correnti, gli autobus si sarebbero fermati appena consumato il gasolio nei serbatoi. Aggiungo una cosa: ero cosciente delle difficoltà, ma non potevo immaginare che Atac fosse per Roma una sorta di sfogatoio. Ho avuto la sensazione che da più parti non venisse in alcun modo colto l’enorme sforzo che stavamo facendo».

Si è sempre aspettato un verdetto positivo da parte dei giudici?
«Sì, ho sempre avuto fiducia nell’attività dei giudici, così come nel lavoro della squadra e dei consulenti più stretti». 

È ottimista anche sul giudizio dei creditori, che si esprimeranno entro fine anno?
«Certamente, le strategie operative del piano, come riconosciuto dal Tribunale, sono idonee a supportare l’aumento della capacità aziendale di generare flussi di cassa nel periodo del piano, in modo da conseguire il miglior soddisfacimento dei creditori così come l’esecuzione degli investimenti che abbiamo programmato».

Ha già sentito Virginia Raggi, che ora parla di una «vittoria dei cittadini»?
«È la prima persona che ho informato. Da buon sindaco, immagino che Virginia intenda che si tratta di una vittoria dei cittadini, perché Atac risanata consentirà alla città di tornare ad avere un servizio degno della Capitale d’Italia».

L’ammissione al concordato è il primo passo per risanare l’azienda. Parliamo dei prossimi step. L’inefficienza è uno dei grandi mali di Atac. Perché ogni giorno a Roma si assenta il 13% degli autisti e all’Atm di Milano solo la metà?
«L’assenteismo è lo specchio dello scollamento creatosi nel tempo tra l’azienda e i lavoratori, che talvolta ha portato ad un “abuso” delle tutele previste dalla legge. A febbraio abbiamo creato una task force per parlare con i lavoratori che presentano i tassi più elevati di assenza, per capirne esigenze e problemi. I risultati, per queste categorie, sono confortanti: dal 30 al 50% di assenze in meno in un trimestre. L’accordo sulla produttività va nella stessa direzione: a parità di risultato produttivo, premieremo chi sarà più presente a lavoro. Sulla legge 104, abbiamo coinvolto l’Inps: se l’istituzione ci darà gli strumenti, faremo la nostra parte».

Restiamo sul tema dell’inefficienza. All’Atac ci sono centinaia di dipendenti che si dichiarano «inidonei» alle mansioni più faticose e finiscono dietro una scrivania. Spesso è bastata una visita medica per scoprirli “guariti”. Che risultati avete ottenuto?
«Rimandando gli inidonei a visita, in un anno ne abbiamo riqualificati il 30%, passando da 320 a 200».

L’Atac ha oltre 40 dirigenti. C’è chi dice che siano troppi. Ci saranno tagli?
«Presto per dirlo, ne abbiamo trovati 48 un anno fa e oggi sono 42. Chi si rimette in gioco dopo anni di oblio, troverà spazio. Abbiamo realizzato un piano industriale che prevede assunzioni, non licenziamenti».

L’evasione tariffaria, insomma il numero di passeggeri che non paga il biglietto, a Roma ha uno dei tassi più alti d’Europa. Da poco su alcune linee bus sono arrivati i tornelli. Anche da noi l’autista in futuro potrà vendere i biglietti?
«Dobbiamo arrivarci, abbiamo un tavolo aperto con i sindacati, con cui abbiamo avviato un rapporto proficuo. Per ora abbiamo aumentato la forza nei controlli, da 160 a 250 verificatori quest’anno. Ci sono poi gli impiegati amministrativi alle stazioni, le verifiche massive ai capolinea, sono passi per abituare la clientela alle regole, al rispetto per i nostri autisti. Una clientela rispettosa potrà acquistare il biglietto a bordo».

Tra le cause dei conti in rosso di Atac c’è anche la decisione del Campidoglio di non riconoscere quasi 200 milioni di debiti verso la sua controllata. In alcuni documenti consegnati in Tribunale avete accennato alla possibilità di intraprendere «azioni legali». Farete causa al Comune?
«Negli anni Atac ha intrapreso azioni legali anche contro il Comune di Roma».

Nelle intercettazioni dell’inchiesta su Tor di Valle, alcuni dirigenti nominati dal M5S parlano di un’Atac prossima al commissariamento. Ha mai avuto la sensazione che qualcuno in Comune non remasse per il successo del concordato?
«Questa domanda mi lascia un po’ imbarazzato. Come potrei mai pensare che qualcuno di Roma Capitale o dei suoi dirigenti abbia remato contro? Il concordato è stato proposto dall’azienda, ma poi votato dall’Assemblea capitolina. Se dalle intercettazioni è emersa qualche evidenza nel senso da lei indicato, dovranno essere altri a prendere le necessarie iniziative. Io ho sempre sentito la vicinanza della sindaca».

Sia l’Anticorruzione che l’Antitrust hanno bocciato la proroga del contratto Atac-Comune fino al 2021. Avrà un impatto sul piano industriale?
«Non commento le iniziative delle Autorità. Sulla proroga, la tesi di Atac è che l’ipotesi di un affidamento a un soggetto diverso entro il 2019 è puramente teorica».

In che senso?
«Gare di dimensioni minori hanno avuto tempi di assegnazione ben più lunghi di due anni.

Inoltre, in caso di esito negativo, si avrebbe avuto un servizio con i mezzi attuali ancora più anziani, senza investimenti. Insomma, né servizio migliore né creditori tutelati».

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