Roma, scandalo Atac: «Così i sindacalisti truccavano i concorsi»

Roma, scandalo Atac: «Così i sindacalisti truccavano i concorsi»
di Lorenzo De Cicco
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Lunedì 15 Agosto 2016, 09:32 - Ultimo aggiornamento: 17 Agosto, 19:33

«La solidarietà fa la differenza», recitava lo slogan di un vecchio concerto del Primo maggio. Ma forse, in Atac, certi sindacalisti sono stati un po' troppo «solidali» con i propri tesserati, tanto da passare loro le domande dei concorsi interni, a poche ore dall'inizio delle prove. Una generosità che non è passata inosservata. E infatti le ultime tre procedure pubbliche indette dalla municipalizzata romana dei trasporti sono state sospese alla fine di giugno. Ufficialmente, per non meglio precisate «anomalie».

In realtá a bloccare la macchina dei concorsi è stata una scoperta inquietante, fatta dagli ispettori aziendali: è venuto fuori un sistematico scambio di informazioni tra i concorsisti e i rappresentanti delle sigle sindacali. Un'indagine interna ha sgominato un fitto scambio di mail, grazie al quale i candidati riuscivano ad ottenere domande e risposte delle prove che si sarebbero svolte nei giorni successivi. Un'alterazione «scientifica e pianificata» dei concorsi, che ora è finita all'attenzione della Procura di Roma, dato che il direttore generale della partecipata, Marco Rettighieri, ha presentato un esposto.

I MESSAGGI
Sotto la lente dei pm ci sono decine di messaggi. Tutti piú o meno dello stesso tenore. «Ce l'hai le domande per domani?», chiede il candidato. «Eccole», risponde il sindacalista di turno, allegando i quesiti che da lì a qualche ora sarebbero apparsi nei moduli della selezione. Le irregolaritá accertate dalle indagini coinvolgono quattro attivisti di Cisl e Uil, piú una decina di concorsisti. Alcuni di loro, messi davanti al contenuto, difficilmente equivocabile, delle e-mail, hanno ammesso di avere ricevuto in anteprima gli argomenti dei test. E, con le loro testimonianze, hanno reso ancora piú schiaccianti le prove a carico dei sindacalisti.
 
I tre concorsi sospesi interessavano una cinquantina di dipendenti. Il più importante avrebbe dovuto reperire quindici capitreno da assegnare alla Roma-Viterbo, una linea perennemente in carenza di organico. Il bando era stato indetto il 17 novembre del 2015 ed è stato sospeso soltanto alla fine di giugno. I macchinisti a caccia di promozione, però, si erano giá trasferiti da quasi quattro mesi nella Tuscia. Tanto erano sicuri della progressione. A bloccare le promozioni facili ci ha pensato Rettighieri, dopo avere «riscontrato una serie di campanelli d'allarme che non potevo assolutamente sottovalutare», come spiegó nella lettera di sospensione delle procedure.

LA CONFESSIONE
Stará ora ai magistrati capire quanto esteso e ramificato fosse il sistema di alterazione dei concorsi. E soprattutto se le tre prove sospese siano solo la punta dell'iceberg di una rete organizzata e metodica che, chissá per quanto tempo, ha controllato le assunzioni all'interno di Atac. In questo lavoro di ricostruzione, puó sicuramente aiutare una confessione fatta poche settimane fa da Micaela Quintavalle, autista-pasionaria, che nel 2013, in rotta con le sigle confederali, ha fondato un suo movimento che sta togliendo tesserati (e potere) ai rappresentanti della Triplice. Cosa ha detto la Quintavalle, 37 anni, arruolata dalla municipalizzata nel 2007? Ha raccontato di essersi cimentata tre volte con il concorso per entrare in Atac. Senza risultati. «Poi mi sono iscritta al sindacato e mi hanno assunto». «Avevo tutti i titoli ha spiegato - Non ho pagato nessuno. Poi però ho fatto la tessera della Cisl e ho partecipato nuovamente alla selezione pubblica. Appoggiata da loro, sono entrata».

PARENTOPOLI
Un segreto di Pulcinella, in realtà, in un'azienda dove su 12mila dipendenti, oltre 350 risultano imparentati con i sindacalisti interni (erano 161 i rappresentanti delle Rsu fino al 2014, poi sono stati ridotti a 127). Mogli, fratelli, cugini, soprattutto figli. A bordo di Atac, per anni, c'è stato posto per tutti. Anche se proprio questa infornata continua di assunzioni a chiamata diretta - quasi sempre per incarichi amministrativi, ben lontani dai faticosi turni nella cabina di guida di un bus - ha contribuito a ingrossare la mole dei debiti (1,3 miliardi di euro, secondo l'ultimo bilancio) che da anni rende l'azienda del Tpl della Capitale sull'orlo del default.
 

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