Mafia Capitale, un giudice lascia: il processo ad Alemanno riparte da zero

Mafia Capitale, un giudice lascia: il processo ad Alemanno riparte da zero
di Valentina Errante e Adelaide Pierucci
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Martedì 31 Gennaio 2017, 08:25 - Ultimo aggiornamento: 1 Febbraio, 08:41

Mentre il maxi processo a Mafia Capitale corre veloce verso la sentenza (domani sono previsti i primi interrogatori degli imputati) ripartono da zero le udienze per Gianni Alemanno, accusato di corruzione e finanziamento illecito. Per l'ex sindaco, la cui posizione è stata stralciata dall'inchiesta sul Mondo di mezzo, il dibattimento dovrà ricominciare. Intanto a Rebibbia, gli avvocati della difesa partono alla carica, minacciando di chiedere il trasferimento a Perugia del processo per il rischio di condizionamenti. Una protesta nata dopo le precisazioni del presidente della Corte d'Appello sulla sentenza che ha visto cadere l'aggravante mafiosa per Emilio Gammuto, considerato dai pm un uomo del clan. Ma né la Corte né la procura sembrano avere preso in considerazione la polemica.

IL CASO
Slitta a maggio il processo che vede imputato l'ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, in uno dei filoni dell'inchiesta Mafia Capitale. Il presidente della seconda sezione, Francesco Rugarli, entro poche settimane, lascerà il tribunale di Roma per rivestire un altro incarico, quindi spetterà ad un nuovo collegio giudicante processare Alemanno. Una circostanza che, secondo il codice di procedura penale, prevede che si riparta da zero, con un inevitabile allungamento dei tempi: la prossima udienza è stata fissata per il 3 maggio, nell'auspicio che vengano depositate tutte le intercettazioni di cui il Tribunale ha chiesto la trascrizione. Al momento, non si profila un rischio prescrizione: i fatti contestati dai pm risalgono al 2013 e per la corruzione sono necessari dodici anni.

LA POLEMICA
A suscitare la protesta dell'avvocato Cesare Placanica, legale di Claudio Caldarelli, imputato vicino al ras delle coop Salvatore Buzzi, è stata la nota diffusa dal presidente della Corte d'Appello di Roma Luciano Panzani, dopo l'esclusione, nella sentenza di secondo grado, a carico di Antonio Gammuto, dell'aggravante mafiosa. Placanica, che è presidente delle Camere penali di Roma e nel processo difende Claudio Caldarelli, uomo vicino a Salvatore Buzzi, ha ipotizzato la richiesta di trasferimento del processo a Perugia Per legittima suspicione, paventando il sospetto di un condizionamento del Tribunale. Dopo la pronuncia della III corte d'Appello, che ha ridotto la pena per Gammuto a tre anni (in primo grado era stato condannato a cinque anni e quattro mesi) Panzani aveva precisato: «L'aggravante è stata esclusa con riferimento all'elemento soggettivo e questa decisione non incide sull'esistenza dell'ipotizzata associazione mafiosa a carico di altri imputati non oggetto del giudizio oggi definito». Placanica, dopo aver premesso che il suo intervento mirava a difendere «l'indipendenza del tribunale», ha affermato che quelle parole non hanno «alcun fondamento tecnico, e nessuna spiegazione attinente alla funzione» di Panzani. A sollevare il caso in aula era stato prima l'avvocato Valerio Spigarelli, difensore di Agostino Gaglianone. Immediata la replica del presidente della Corte, Rossanna Ianniello: «Ovviamente di fronte a tante citazioni illustri il tribunale ritiene di non dover esprimere nessuna osservazione». Sulla stessa linea la procura. Perché, ha sottolineato il pm Luca Tescaroli «Allo stato non è stata formalizzata alcuna richiesta».
Intanto domani, in aula, la parola passerà agli imputati. Primo tra tutti Luca Odevaine, l'ex delegato al Tavolo nazionale per i migranti, che incassava uno stipendio fisso per garantire gli appalti ed è già stato condannato con patteggiamento a due anni e otto mesi, è chiamato a rispondere alle domande dell'accusa.