Agenti ridotti e troppi detenuti, in un anno 44 tragedie in cella

Agenti ridotti e troppi detenuti, in un anno 44 tragedie in cella
di Cristiana Mangani
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Martedì 21 Luglio 2015, 00:51 - Ultimo aggiornamento: 08:31
Sovraffollamento, carenza di organico, morti sospette, suicidi: lo stato delle carceri italiane continua a mostrare tutte le sue lacune. Nell’ultimo anno la situazione sembra leggermente migliorata, anche se gli ultimi dati mostrano una nuova inversione di tendenza. E infatti, se subito dopo i provvedimenti deflattivi imposti dal precedente governo si era avuta una flessione della popolazione carceraria, ora si registra un nuovo rialzo: 54 mila detenuti contro i 52 dell’inizio dell’anno. Il dato rimane comunque positivo considerando che in passato la cifra era intorno ai 68 mila.



​Non accenna ad aumentare, invece, il personale di polizia penitenziaria. «Il turn over non ha consentito di recuperare il 100 per cento, ma soltanto il 50 - spiega Donato Capece, segretario generale del Sappe, sindacato di categoria - Perdiamo 1200-1300 unità all’anno per ragioni legate a motivi personali, a raggiunto limite di età, a infermità. E così siamo arrivati a circa 38 mila unità, siamo abbondantemente sotto organico». Sul suicidio di Ludovico Caiazza, Capece ha una sua idea: «Avrei dato la sorveglianza a vista, anche se non si può giudicare così dall’esterno. Il personale, comunque, è stato efficientissimo e ha fatto tutto il possibile».

I DATI

Intanto, però, nelle carceri si continua a morire. Sono sempre del Sappe le cifre che delineano la portata del disagio: 44 suicidi nel 2014, 22 fino al 20 luglio del 2015. In media ogni giorno si verificano nelle celle almeno 18 atti di autolesionismo da parte dei detenuti, 3 tentati suicidi, 10 colluttazioni e 3 ferimenti. Lo scorso anno sono stati 6.919 i detenuti coinvolti in atti di autolesionismo: 933 hanno tentato il suicidio e sono stati salvati dai poliziotti penitenziari, 966 i ferimenti e 3.575 le colluttazioni. «Il dato oggettivo è che il carcere, così come è strutturato e concepito oggi, non funziona - denuncia ancora il sindacato - Lo sanno bene i poliziotti che stanno nella prima linea delle sezioni detentive 24 ore al giorno».



MALA GESTIONE

A Regina Coeli, poi, la situazione sembra ancora più difficile: circa 250 poliziotti in meno rispetto all'organico previsto, con 200 unità distaccate presso il Tribunale, la Corte di cassazione, il Dap, e il ministero della Giustizia. «Rispetto ad un organico previsto di 613 unità - spiega la Fp Cgil Polizia Penitenziaria - risultano essere amministrati 568 agenti. Ma, a questa “apparente” carenza di 45 poliziotti penitenziari, vanno sommati gli altri 200 distaccati». Una carenza, sottolinea ancora la Fp Cgil, «frutto di una mobilità “parallela” e poco trasparente, che conferma la mala gestione del sistema. Quanto è accaduto domenica scorsa nel carcere di Regina Coeli è drammatico ma l'intero sistema di gestione della mobilità del personale va assolutamente rivisto: servono poliziotti, serve maggiore trasparenza, attenzione e investimenti adeguati».



Intanto nelle celle si continua a morire, anche se - come spiega il garante per i detenuti della Regione Toscana, Franco Corleone - «il problema dei suicidi mostra sempre un margine di insondabilità». «È probabile - aggiunge - che più personale eviterebbe in parte queste morti, ma il suicidio di chi entra in carcere avviene quasi sempre perché una persona ha preso consapevolezza della cosa terribile che ha fatto».



LA STRUTTURA

La morte di Caiazza a Regina Coeli apre, però, il caso del carcere di via della Lungara. E a sollevarlo è l’ex garante per i detenuti del Lazio, Angiolo Marroni. «Il fatto che ci fossero solo due agenti di guardia non mi stupisce - dice - è la routine. Teniamo conto che la polizia penitenziaria è ovunque in sotto organico. Il problema è che lui era un nuovo giunto, ossia il tipo di detenuto che va guardato con maggiore attenzione perché più facilmente esposto al rischio suicidio. Teoricamente servirebbe un controllo h24». Il mandato di Marroni è scaduto, ma il Consiglio regionale non ha più provveduto a nominare un nuovo garante, anche se lui conosce molto bene quella realtà. «La direttrice Silvana Sergi - sottolinea - è una donna di valore e di grande esperienza, ma è la struttura che a mio giudizio andrebbe chiusa, perché non risponde a quanto prevede l'ordinamento penitenziario in termini di spazi. Quel carcere resta lì perché ci sono tanti interessi: dei familiari, degli avvocati, dei magistrati, anche dei commercianti del quartiere: il carcere porta gente in zona».

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