Roma, carte clonate ai turisti nei ristoranti del Centro: truffa da 300mila euro. Utilizzata una macchinetta copia-codici

I camerieri collaboravano con una banda specializzata in furti

di Andrea Noci
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 12 Aprile 2023, 22:32 - Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 15:08

La specialità della casa non era solo la cucina tipica romana, ma anche la clonazione delle carte di credito ai turisti, che ogni giorno sceglievano di mangiare in alcuni locali del centro di Roma. I clienti affidavano la carta a camerieri infedeli che, oltre a saldare il conto, la strisciavano nello skimmer, una strumento che copia i codici, per poi riversarli su una carta finta. A quel punto spendevano il denaro nei modi più fantasiosi: dai gioielli ai vestiti, dalla benzina alle cene, passando per i negozi di elettronica in cui compravano tablet, computer e telefoni. 

Ora la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per 20 persone, accusate, a seconda delle posizioni, di associazione a delinquere, truffa, furto aggravato e ricettazione.

Grazie a questo schema ben collaudato la banda, composta prevalentemente da cittadini rumeni e italiani, ha clonato decine di carte di credito, con il giro di affari che si è aggirato intorno ai 300mila euro, tra denaro effettivamente rubato e tentati acquisti non andati a buon fine. I fatti risalgono al 2015, anno in cui sono iniziate le indagini. I turisti bersaglio della truffa rispondevano a un preciso identikit: visibilmente facoltosi e preferibilmente sudamericani o asiatici. Mente i locali in cui i lavoravano i camerieri complici della banda erano sparsi per le zone principali del centro: piazza di Spagna, Fontana di Trevi, Pantheon e Monti. I capi poi utilizzavano le carte clonate solo a distanza di giorni, per far sì che i turisti rientrassero nei loro Paesi d’origine. Solo a quel punto le vittime si sarebbero rese conto che i soldi erano improvvisamente spariti dai conti correnti, rendendo più difficile ogni possibilità di intervento da parte delle forze dell’ordine. 

Auto clonate e rivendute ad ignari acquirenti. Su internet erano “grandi occasioni” con carte di circolazione contraffatte

LA TECNICA

La banda sfruttava le carte di credito clonate in due modi. Il primo, usandole per pagare le necessità di tutti i giorni, come ad esempio la benzina in diverse aree di servizio sparse per la città. L’altro metodo era quello che permetteva di prelevare dalle carte clonate la maggior quantità di denaro. Della banda infatti facevano parte anche alcuni commercianti conniventi, dislocati in diverse zone di Roma. Gli importi sottratti con la clonazione venivano reinvestiti in questo giro di negozi. 

GLI ACQUISTI

Il 22 marzo 2015, si legge sul capo d’imputazione, Mihai Cristian Gavrus, 34 anni, e Cristian Yon di 58, entrambi rumeni hanno speso dalla stessa carta di credito clonata oltre 1000 euro: prima 980 euro in un negozio di alimentari e poi altri 30 in due stazioni di servizio, una sulla Salaria, l’altra sull’autostrada Roma Fiumicino. Oppure ancora lo stesso Gavrus che il 4 agosto ha comprato computer e telefoni nuovi in un Unieuro di Via Aurelia con due diverse transazioni «dell’importo complessivo di 3457,80 euro», come riportato nel capo di imputazione. E ancora il 49enne Maurizio Guerra che l’8 luglio dello stesso anno ha speso 949 euro di un ignaro turista in una Euronics sulla via Aurelia. E poi c’è Danut Cimpoeru, nato 47 anni fa in Romania, che il 1 settembre del 2015 non ha rinunciato a una giornata di shopping che è iniziata con una colazione al McDonald’s alle 9 del mattino, dove ha speso 9,40 euro, ed è finita in un negozio di vestiti in zona Ponte Milvio, in cui ha comprato 375 euro di capi d’abbigliamento. 

 

Tra i 20 imputati ci sono anche alcuni titolari o dipendenti dei negozi conniventi. Come i fratelli Senes, Salvatore e Matteo, proprietari del ristorante “L’incontro” in zona Capannelle. Qua la banda ha provato transazioni per decine di migliaia di euro, alcune andate a buon fine, altre no, in realtà la maggior parte, stando alle carte dell’accusa. Lo stesso accadeva in un negozio di scarpe di Albano Laziale in cui lavorava Lorenzo Frescofiore. Con la scusa di acquistare delle scarpe gli imputati provano a far entrare nelle casse del negozio i soldi rubati dalle carte di credito clonate. C’era poi l’altra costola dell’associazione criminale. Quella che rubava, soprattutto sui mezzi pubblici, le carte di credito, anche in questo caso ai turisti, per poi spendere il denaro nel circuito di commercianti fidelizzati.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA