Roma, rapimento a Ponte Milvio, i residenti: «Ogni giorno viviamo scene degne di Gomorra, le denunce sono inutili»

I residenti: "Da dove arrivano tutte le montagne di soldi necessarie per ristrutturare negozi e attività che aprono e chiudono alla velocità della luce?

Roma, rapimento a Ponte Milvio, i residenti: «Ogni giorno viviamo scene degne di Gomorra, le denunce sono inutili»
di Alessia Marani e Giampiero Valenza
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Sabato 24 Dicembre 2022, 06:47 - Ultimo aggiornamento: 25 Dicembre, 00:46

Ponte Milvio è sotto choc. Un rapimento sotto gli occhi di testimoni, nel quartiere della movida, o meglio «ostaggio della movida» come spiegano i residenti. Perché qui, tra viale di Tor di Quinto, la piazza centrale e via Flaminia Vecchia si sono concentrati in pochi anni oltre trenta locali ormai meta di aperitivi e serate sul labile filo della trasgressione. «Non si vive più - racconta chi abita a due passi dalla chiesa Gran Madre di Dio - sciami di ragazzi che urlano, bevono e bivaccano in strada. Ma quel che è più inquietante è il via vai di gente improbabile: auto iper lussuose in mano a ragazzini che arrivano qui dalle periferie, donne succinte che entrano ed escono dai locali. Scene degne di Gomorra che osserviamo ormai dalle nostre finestre. E poi ci chiediamo: da dove arrivano tutte le montagne di soldi necessarie per ristrutturare negozi e attività che aprono e chiudono alla velocità della luce? Perché non si fanno indagini su questo?».

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Nel condominio del Moku, il sushi restaurant davanti al quale nella notte tra giovedì e venerdì è stato rapito Danilo Valeri, giovane di San Basilio, tornato libero ieri pomeriggio, spiegano: «Avremo depositato almeno setto o otto esposti in commissariato perché dal locale che fino al settembre del 2019 era una banca, si sente musica a tutto volume, gente che entra ed esce e fa rumore a tutte le ore». «E anche dai palazzi vicini - precisa una condomina - i vigili urbani sono stati chiamati più volte per situazioni analoghe. Ma niente, tutte le nostre denunce sono state lettera morta. Ma come è possibile che possa avvenire un sequestro di persona in questo modo, a Roma e in un quartiere che dovrebbe essere presidiatissimo, soprattutto nelle ore notturne? Così non siamo sicuri». In realtà le indagini sottotraccia degli inquirenti parlano di una scalata in atto di gruppi calabresi in quello che era stato definito prima il regno di Massimo Carminati, poi degli albanesi vicini a Diabolik, al secolo Fabrizio Piscitelli, e in affari con la Camorra, ma dove più recentemente sono spuntati volti noti della criminalità del litorale romano e tracce che portano direttamente nella Locride, centro dei traffici mondiali della cocaina.


LUOGHI AFFOLLATI
Gaia è seduta a uno dei tavolini di un locale sulla piazza. È con altre tre amiche. «La preoccupazione c'è - dice - C'è gente che viene dai quartieri periferici ma la maggior parte sembra di buona famiglia - dice la ragazza, una diciannovenne di Parioli - Se dovesse succedere di nuovo un fatto del genere, allora, sarebbe un problema».

Poco più distante c'è Arianna. «I violenti dettano legge - dice - Ne stavamo parlando proprio ora se restare a Ponte Milvio o andare altrove per evitare incontri pericolosi». Su viale Tor di Quinto passano accanto al Moku padre e figlio. Il ragazzo, un adolescente, sta leggendo le notizie sul suo smartphone e gli chiede il perché di fatti del genere. «Stavo dicendo a mio figlio che per evitare episodi simili è sempre meglio non frequentare cattive compagnie - sottolinea Vincenzo Di Michele, che abita sulla Cassia - Questi luoghi si prestano di più allo spaccio di droga perché sono posti molto frequentati da giovani. Dico a mio figlio di stare attento non perché possa essere rapito, ma perché può cadere in brutti giri».

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