Maddalena Urbani morta per overdose, 14 anni all'amico pusher. «Poteva essere salvata»

La Urbani, figlia del medico eroe della Sars, morì a 21 anni a casa dello spacciatore siriano

Maddalena Urbani morta per overdose, 14 anni all'amico pusher. «Poteva essere salvata»
di Erika Chilelli
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Lunedì 24 Ottobre 2022, 22:32

Si è concluso con due condanne a 14 anni e 2 anni il processo sulla morte di Maddalena Urbani, la ventunenne deceduta per un’overdose di metadone il 27 marzo 2021, in un abitazione in zona Cassia, figlia del medico-eroe Carlo Urbani che per primo isolò il virus della Sars. Dopo più di quattro ore di camera di consiglio, i giudici della prima Corte d’assise di Roma hanno condannato il pusher siriano Abdulaziz Rajab a 14 anni di carcere con l’accusa di omicidio con dolo eventuale, riconoscendogli le attenuanti generiche. Due anni, con pena sospesa, sono invece stati inflitti a Kaoula El Haouzi, amica della vittima, per la quale l’accusa è stata riqualificata da concorso in omicidio a omissione di soccorso. I giudici hanno inoltre stabilito una provvisionale di 170mila euro, immediatamente esecutiva, in favore delle parti civili: la madre e il fratello di Maddalena, che ieri erano presenti in aula. Dopo la lettura della sentenza, la mamma è scoppiata a piangere.

I FATTI

La famiglia Urbani aveva già perso, nel 2003, un punto di riferimento, il papà Carlo morto dopo aver isolato e contratto il virus della Sars. Una ferita ancora aperta alla quale a marzo del 2021 si è aggiunta, come un fulmine a ciel sereno, la morte di Maddalena. La ventunenne era partita da Perugia il 26 marzo per raggiungere la Capitale e poi, con l’amica Kaoula, l’appartamento in via Vibo Mariano del 64enne siriano Abdulaziz Rajab. Quindici ore dopo, era arrivata al 118 una chiamata: Maddy - così era chiamata in famiglia - stava nel letto di Rajab, agonizzante, ma all’arrivo dei soccorsi per lei non c’era stato nulla da fare.

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Il 64enne siriano, che in quel momento era sottoposto ad arresti domiciliari per reati legati allo spaccio, ha sostenuto di aver accolto Maddalena in casa perché non si sentiva bene, così, le aveva offerto un succo d’arancia e un letto in cui dormire. Anche Kaoula El Haouzi ha riferito che la Urbani si era sentita male venerdì, in strada, perché era nervosa e, così, aveva deciso di portarla a casa di Rajab. Solo suando si erano accorti che la ventunenne non si svegliava, avevano deciso di chiamare i soccorsi: l’autopsia di Maddalena, però, ha confermato la morte per overdose di metadone.
Secondo quanto emerso nel corso delle indagini e del processo, dove entrambi erano accusati di omicidio con dolo eventuale, i due sapevano che Maddalena rischiava di morire, ma consapevolmente non hanno chiamato i soccorsi poiché Rajab, dati i precedenti, sarebbe potuto finire in carcere. Così, prima dei soccorsi, avevano telefonato a un sessantenne che aveva sostenuto qualche esame di medicina e che, in aula, ha dichiarato di averle somministrato una dose di adrenalina. Poi, le 15 ore di attesa che per la Procura sono state fatali: «Maddalena poteva salvarsi con un intervento tempestivo».

I LEGALI

Il 18 ottobre il pm Pietro Pollidori ha chiesto 21 anni per Abdulaziz Rajab e 14 per Kaoula El Haouzi. «Ciò che interessava alla famiglia era sapere quello che è accaduto in quella casa. Nel processo è stato accertato che se la ragazza fosse stata soccorsa si sarebbe potuta salvare - hanno dichiarato i legali della famiglia Urbani, Giorgio Beni e Matteo Policastri, dopo la lettura della sentenzaGli imputati hanno atteso oltre 15 ore prima di chiamare il 118 e quando lo hanno fatto era già morta». «Bisognerà attendere la sentenza, ma andremo in appello, siamo convinti del fatto che il mio assistito abbia fatto di tutto per salvare la ragazza», ha commentato l’avvocato Andrea Palmiero, legale di Rajab.

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