LA SCELTA
In rapporto al Pil l'incidenza del fisco locale è raddoppiata passando dal 3 al 6,3 per cento, mentre le imposte statali hanno avuto una crescita limitata: ecco perché - anche trascurando la voce contributi sociali che ne fa parte - si può dire che l'aumento della pressione fiscale di oltre tre punti dal 1995 ad oggi sia maturato quasi tutto in ambito periferico. La maggiore autonomia impositiva lasciata agli enti territoriali è stata almeno in parte una scelta di politica economica, maturata proprio nel corso degli anni Novanta: il federalismo fiscale ha avuto però un esito probabilmente diverso da quello voluto, perché la crescita del gettito locale non è stata compensata da una riduzione di quello centrale.
IL CALCOLO
Ma se le percentuali indicano una direzione piuttosto chiara, non in tutta Italia le cose sono andate allo stesso modo. L'ufficio studi di Confcommercio calcola che un contribuente con imponibile Irap pari a 50 mila euro e imponibile Irpef dello stesso importo (dunque un lavoratore autonomo o un piccolo imprenditore) se vive e lavora a Roma paga 2.255 euro in più di un suo collega di Trento. L'incidenza percentuale dei due tributi arriva al 38 per cento. La classifica della pressione fiscale (su 21 città prese in considerazione) vede al secondo posto Campobasso, poi Napoli, Catanzaro e Palermo. Pesano naturalmente le alte addizionali Irpef, che a livello regionale sono legate ai deficit sanitari. Nel Lazio ad esempio l'aliquota dell'addizionale regionale varia dall'1,73 al 3,33 per cento, ovvero il livello massimo ammesso per legge. Mentre l'addizionale comunale richiesta da Roma capitale, a causa del fardello del debito, è addirittura oltre il tetto nazionale dello 0,8 per cento: raggiunge lo 0,9. Anche l'Irap regionale è quasi un punto percentuale al di sopra dell'aliquota base nazionale.
L'AZZERAMENTO
Tra i centri dove si paga relativamente poco oltre a Trento anche Trieste, Firenze, Aosta, Cagliari e Bolzano. Il capoluogo del Trentino può vantare l'azzeramento dell'addizionale comunale Irpef e un'addizionale regionale che si ferma all'1,23 per cento ovvero al livello minimo imposto dalla normativa nazionale.
Per il contribuente nuovi rischi si profilano all'orizzonte: l'ultima legge di Stabilità ha sì congelato, anche se non del tutto, gli incrementi del prelievo locale; ma ha lasciato in eredità agli anni successivi le cosiddette clausole di salvaguardia. Il governo dovrà quindi intervenire per scongiurare incrementi di Iva e accise che valgono 15,1 miliardi nel 2017 e 19,5 l'anno sucessivo: l'impegno del ministero dell'Economia è reperire questi fondi attraverso ulteriore tagli della spesa pubblica.