PALAZZO CHIGI
L'inchiesta spinge anche il premier Giuseppe Conte a intervenire per sottolineare che «non esiste un caso Roma, semmai c'è un caso Italia: dobbiamo lavorare noi regolatori, autorità come l'Anac e l'autorità giudiziaria, ognuno nell'ambito delle sue competenze». Ma lo scandalo dello stadio scuote le chat dei ministri del M5S e la tenuta stessa del governo. Il vicepremier Luigi Di Maio anche lui di prima mattina chiede le dimissioni del presidente Lanzalone, arrivato ai vertici della multiutility perché fu la maniera per «premiare il merito di una persona amministrativamente preparata».
Anche Di Maio, come Raggi, prova ad affrancarsi da questa frequentazione pericolosa aggrappandosi alle regole auree (o semi) del M5S. E quindi «per reati così gravi non esiste la presunzione di innocenza: deve dimettersi». La vicenda ormai rimbalza in tanti Palazzi del potere romano. Ed è pronta ad approdare in Parlamento.
Il capogruppo del Pd in Senato, Andrea Marcucci, annuncia di aver richiesto un chiarimento in Aula ad Alfonso Bonafede, il Guardasigilli. Perché «non può convivere con queste macchie: deve fare luce sulla sua posizione e le sue relazioni». Lo schema è destinato a ripetersi anche alla Camera. Il Pd parla di «vicenda torbida» e dai banchi della maggioranza pentaleghista non si levano grandi difese di ufficio.
La situazione è talmente in evoluzione che spinge un po' tutti i protagonisti a un'aggressiva prudenza. Sempre Di Maio, per esempio, preferisce dare forfait a Bruno Vespa. Al suo posto ecco Virginia Raggi, che approfitta della situazione per togliersi dall'angolo. La sindaca come una mitragliatrice: «Non ho bisogno di badanti e non sono un ispettore, quindi rispondo per me». Il vero problema che la angustia è lo stadio della Roma. E su questo la grillina, vista l'indagine anche sul soprintendente Francesco Prosperetti, ci va cauta: «Non so che fine farà». Oggi incontrerà i vertici della Roma: nel frattempo ha investito del dossier l'Avvocatura. Ma le prime crepe arrivano proprio dalla maggioranza del M5S in Aula: «Se il progetto è inficiato dalla corruzione è meglio fermarsi».
LO SCONTRO
Servono nemici per scaricarsi, e così Raggi attacca il governatore Nicola Zingaretti, anche lui scosso dall'arresto dell'ex assessore all'urbanistica Michele Civita. Rivolgendosi a Bruno Vespa dice: «Io mi aspetto che domani inviti anche Zingaretti, visto che Civita era il suo braccio destro, e poi Berlusconi come referente di Palozzi. Le procedure urbanistiche e amministrative in realtà si svolgono in Regione». Il governatore replica che sono «bugie e falsità: l'oggetto delle indagini sarebbe l'iter autorizzativo scaturito dalla decisione della Raggi, che sbaglia clamorosamente il tiro puntando sull'amministrazione regionale, colpita nel profondo dall'arresto di colui che, per sua stessa ammissione, era stato indicato come consulente strategico per il Campidoglio». E le giornate passano così. E nei tempi morti, in ordine sparso, un po' tutti si rilassano leggendo le ordinanze degli arresti.
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